di Gloria Ngresi-
Un giorno dopo lo studio andai a dormire. A dire il vero, non avevo finito di studiare tutto, mi era rimasta la storia. Avevo promesso a me stessa di alzarmi presto l’indomani e finire tutto. Quella notte feci uno strano sogno: tutti noi ragazzi della prima F, capitanati dalla nostra prof, viaggiavamo in una strana macchina grande, veloce e piena di luci. Mentre ci avvicinavamo ad uno strano villaggio, sentimmo una voce metallica che diceva: “siamo nel Medioevo. Togliete le cinture e preparatevi a scendere!”. La prof. scese per prima e ci invitò a scendere velocemente. Appena scesi, vedemmo davanti a noi un villaggio. Nelle sue strade c’erano uomini con i capelli lunghi e donne vestite con gonne lunghe, magliette ricamate e copricapi. Noi camminavamo e guardavamo stupiti quell’ambiente così strano per i nostri tempi.
La prof. poi ci portò in una casa vicino a una bottega di un fabbro, lì incontrammo una signora giovane che lavorava a casa, stava tessendo una stoffa di straordinaria bellezza. La Prof. le chiese :
“mi scusi, sa dove si trova la bottega di un fabbro?”.
“Certo- rispose la donna- si trova qua vicino, basta girare a destra, poi vada sempre dritto e la troverà”.
Andammo nella bottega dove c’era un signore alto e muscoloso, che aveva appena finito di lavorare il ferro, aveva realizzato una spada da guerra. In quel momento stava in pausa e ne approfittammo per fargli delle domande. Iniziai io a chiedergli:” cosa le piace costruire di più con il ferro?”. “Preferisco – mi disse-costruire coltelli da caccia, asce e spade perché sono gli oggetti che si usano di più”. Poi Samuele chiese: “qual è il lavoro per il quale ha impiegato più tempo?”. “Una spada lunga circa 90 cm, ci son volute 26 ore” rispose l’omone. “wow, allora dev’essere una spada potente per uomo forte!”. “Certo quella era la spada per il Re Artù!”. Intervenne poi Matteo: “il fabbro è un lavoro importante?”. “Sì – rispose il nostro amico- al nostro tempo è uno dei lavori più importanti”. “Come lavori il ferro?” incalzò Licia. “Nella mia fucina – ci spiego il nostro fabbro–il ferro si arroventa e può essere battuto e sagomato nelle forme necessarie. È un lavoro molto richiesto e ci vuole esperienza e precisione, oltre a una certa forza muscolare, per eseguirlo al meglio”. “Quali sono gli attrezzi del mestiere?”, chiese Karola. “Oltre all’incudine e al martello – ci disse l’omone – che sono gli attrezzi tradizionali utilizzati da noi fabbri sin dall’antichità, adesso usiamo anche altri strumenti quali la fornace, le forme per la sagomatura e le pinze”. “A lei piace il suo lavoro?”, chiese Maria. “Sì!”. “Perché?”, chiedemmo in coro. “Perché da piccolo adoravo vedere mio padre lavorare il ferro e poi perché amo costruire oggetti che rimarranno anche dopo la mia morte. Ragazzi adesso devo andare, il lavoro mi chiama, ciao”. “Ciao”, rispondemmo tutti mentre tante altre curiosità si affollavano nelle nostre menti.
Dopo aver salutato il fabbro, passeggiamo nelle strade polverose del villaggio e poi verso un bosco…
Improvvisamente sentii una mano sulla spalla e la voce dolce della mamma che mi svegliava. Che dolce atterraggio da uno strano sogno! E la giornata inizia studiando la storia con la speranza di salire di nuovo in quella strana, grande macchina, pronta per altre avventure.