di Francesco D’Antuono, Giusy Casillo, Martina Papa-Il 23 maggio 1992 è una di quelle date che resteranno per sempre impresse nella nostra memoria, poiché è il giorno che vide la morte di Giovanni Falcone, non solo una delle personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale, ma anche un eroe, un esempio da seguire. L’assassinio avvenne a Capaci, mentre il magistrato tornava nella sua Sicilia come era solito fare nei fine settimana. Il jet di servizio, partito dall’aeroporto di Ciampino, arrivò a Palermo intorno alle 16:45 dove lo attendevano tre Fiat Croma blindate. Falcone si sistemò alla guida della Fiat Croma bianca con accanto la moglie Francesca Morvillo, mentre l’autista giudiziario Giuseppe Costanza andò a occupare il sedile posteriore. Nella Croma marrone, alla guida c’era Vito Schifani con accanto l’agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco Dicillo, infine, nella Croma azzurra c’erano Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Le tre auto in fila, con in testa la Croma marrone seguita dalla Croma bianca e poi quella azzurra, imboccarono l’autostrada A29 in direzione Palermo. Otto minuti dalla partenza, una carica di cinque quintali di tritolo, posizionata in un tunnel scavato sotto la sede stradale, nei pressi dello svincolo di Capaci, Isola delle Femmine, venne azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina. Pochissimi istanti prima della detonazione, Falcone si era accorto che le chiavi di casa erano nel mazzo assieme alle chiavi della macchina e le aveva tolte dal cruscotto, provocando un rallentamento improvviso del mezzo. Brusca, rimasto spiazzato da questo rallentamento, spinse il pulsante in ritardo, cosicché l’esplosione investì in pieno solo la Croma marrone in cui i tre agenti di scorta morirono sul colpo. La Croma bianca guidata dal giudice, si schiantò contro il muro di cemento e Falcone e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza, furono proiettati violentemente contro il parabrezza, riportando ferite all’apparenza non gravi. Rimasero feriti gli agenti della terza auto, la Croma azzurra, e si salvarono quelle persone che al momento dell’attentato si trovavano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell’attentato. L’Italia intera, spaventata, trattenne il fiato per la sorte delle vittime, fino al decesso di Falcone alle 19:05, dopo un’ora e sette minuti dall’attentato e dopo alcuni tentativi di rianimazione, a causa della gravità del trauma cranico e delle lesioni interne. Senza riprendere più conoscenza, morì fra le braccia di Borsellino, suo amico e collega di sempre, Francesca Morvillo morirà invece intorno alle 22:00. Ogni anno il Ministero dell’istruzione organizza la manifestazione #PalermoChiamaltalia per coinvolgere gli studenti nella celebrazione in onore delle vittime della mafia: un’occasione per conoscere squarci di storia vissuta, ma anche un modo per prendere esempio da uomini che hanno messo a rischio la loro vita per il bene comune. Falcone sosteneva: “L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza».