L’alto Tirreno cosentino è quella parte di Calabria lontana dai grandi centri e dalla stessa provincia di Cosenza. Zona a vocazione turistica, accoglie soprattutto nel periodo estivo vacanzieri provenienti dalla vicina Campania. Molto diffuso è il fenomeno delle seconde case, manifesto tangibile della speculazione edilizia degli anni ’80, che ha deturpato il territorio e tolto spazio alle attività primarie, una volta unica fonte di reddito. Alla spregiudicata politica edilizia non si è affiancato lo sviluppo di altre infrastrutture, come, ad esempio, strade di collegamento. Ecco perché a molti la realizzazione di un’avio-superficie è parsa un’ottima occasione per limitare l’isolamento della zona e allungare l’offerta turistica.
Contrariamente a quanto si voglia far pensare, però, il progetto ha subito vari rallentamenti non solo a causa delle opposizioni degli ambientalisti, dovute all’eccessiva vicinanza dell’infrastruttura alla foce del fiume Lao e al mare, ma soprattutto per via del cambiamento della società di gestione e dello scioglimento per mafia della Giunta comunale di Scalea. Pesante è infatti la mano della criminalità organizzata, che recenti indagini dimostrano essere coinvolta in diverse vicende relative all’infrastruttura.
L’avio-superficie di Scalea è il luogo in cui si perdono le tracce di Angelo Calvano, detto “il Sindaco”, 57enne residente nella vicina Marcellina, frazione del comune di Santa Maria, che il 30 agosto 2016 si allontanò dalla sua abitazione senza farvi più ritorno. Le dinamiche della scomparsa non risultano ancora chiare alle autorità locali, ma l’accaduto è stato collegato alla criminalità organizzata. L’ipotesi, avanzata dal programma televisivo “Chi l’ha visto?”, vede Angelo Calvano come un personaggio scomodo, da eliminare, qualcuno che aveva visto qualcosa che sarebbe dovuta rimanere nascosta.
Questo è solo uno dei tanti misteri che si celano dietro l’avio-superficie, definita da molti come una vera e propria cattedrale nel deserto. La struttura non è mai stata utilizzata per lo scopo effettivo per cui è stata edificata, tranne che per l’atterraggio di piccoli aerei privati,. I locali siti nell’area dell’avio-superficie sono stati affidati ad una società che li avrebbe trasformati in un deposito, per un canone di locazione annuo di 4545 euro, con pagamento in rate trimestrali di 1136 euro. Tuttavia, la ditta non sembra aver tenuto fede ai termini del contratto, perciò è stata indetta un’azione giudiziaria al fine di riscattare i locali di proprietà comunale e recuperare i canoni scaduti. Nonostante ciò, i locali non risultano essere stati ancora sgomberati e non vi è traccia di alcun pagamento.
All’alba del 19 gennaio del 2017, inoltre, scatta un’operazione della Guardia di Finanza che interessa le zone di Reggio Calabria e Cosenza e vede coinvolti ben 35 imprenditori, accusati per associazione a delinquere di tipo mafioso. Al centro delle indagini ci sono 27 gare d’appalto nel Reggino, per un importo di oltre 90 milioni di euro, e altre decine nel Cosentino. Numerose inchieste hanno dimostrato come, grazie a solidi agganci, ben 10 aziende riconducibili allo stesso imprenditore siano riuscite ad aggiudicarsi i principali appalti dal 2013 al 2015. Il valore complessivo degli appalti ammonta ad oltre 100 milioni di euro e tra i cantieri coinvolti nello scandalo figura la riqualificazione delle aree prospicienti l’aviosuperficie di Scalea ai fini della realizzazione di servizi turistici e della riduzione dell’impatto ambientale, nonché relativa gestione per 25 anni da parte della società AEROPORTO DI SCALEA Srl. Tra i principali imprenditori in combutta con la criminalità organizzata locale, le autorità hanno identificato il Gruppo Barbieri, attivo nell’Alto Tirreno Cosentino, e coinvolto nella realizzazione del progetto in questione.
Alla luce di ciò sorge spontaneo chiedersi i motivi reali che hanno spinto alla realizzazione dell’avio-superficie, se essa rispecchi davvero il bisogno della popolazione delle zone più periferiche dell’Alto Terreno cosentino di dare una svolta all’economia dei propri paesi e incentivare il turismo 365 giorni all’anno, se ciò di cui abbiamo bisogno per rilanciare il territorio possa essere riassunto in una pista in asfalto lunga 1975 metri e larga 30, o se, al contrario, non si tratti soltanto dell’ennesimo espediente per gonfiare i portafogli della classe dirigente.