di Alessia Politi –
Che cosa c’è dentro la testa di un adolescente?
Prego, lor signori, favorite i biglietti e salite pure a bordo di questa nave: salperemo per un viaggio nella mia testa molto lungo; quindi, è meglio che vi dotiate anche di bussola, binocolo e carte nautiche, per orientarvi meglio…
Io sarò al timone per guidarvi, come una novella Piero Angela, negli abissi bui e lucenti di questa età così bella, ma anche così estremamente fragile e delicata.
Vi farò conoscere la voglia di tagliare i ponti con il mondo degli adulti, (“Prendete il binocolo, li vedete quei due puntini lontani? Bye, bye, sono i miei genitori!”); il mare in tempesta di ormoni impazziti e il tumulto dell’amore (“Ho perso la bussola, mi ha guardato, mi ha sorriso ed ora nel mio stomaco volano farfalle!”); lo tsunami travolgente dei cambiamenti (“Specchio, specchio delle mie brame, che brutta che sono, non mi piaccio per niente! Vulcani pronti ad esplodere costellano il mio viso…e poi sono grassa come un kraphen traboccante di crema chantilly! Voglio nascondermi in un largo maglione dark, così la ciccia non si vede più!”).
Scivoleremo lungo l’impeto della cascata di emozioni che mi regalano le canzoni dei miei cantanti preferiti, la musica del mio mondo, del mio universo.
Ascolterete voci di sirene che ammaliano e tentano (“Alessia, su, dai, sali su questo scooter, non abbiamo due caschi, ma devi fidarti di me, sarò prudente!”), e vedrete squali pronti ad affondare i denti aguzzi nella mia carne (“Fai un tiro, vedrai, poi ti sentirai meglio! Per non parlare poi dei killer selfie, o delle challenges virali, spesso mortali, sfide ricche di sensazioni fortissime, nate non per raggiungere dei limiti ma per scavalcarli).
Sì, è proprio così, nella mia testa ci sono tanti cassetti. Alcuni li tengo semiaperti, ogni tanto ne sbircio l’interno, mi ricaricano: sono i ricordi e le emozioni che fanno bene al cuore… Altri li osservo da lontano, neanche provo a guardare dentro per quanto male potrebbero farmi; alcuni invece li tengo chiusi a chiave, sono fermi lì, ad impolverarsi. È vero, nella mia testa c’è proprio un gran disordine!
C’è il cassetto della SCUOLA, luogo in cui giornalmente affronto l’ansia delle interrogazioni e delle prove scritte, alle prese con i miei sbalzi d’umore e la mia timidezza; il cassetto della FAMIGLIA, pieno di discussioni con i miei genitori e di litigate con mia sorella. Poi c’è quello dell’AMICIZIA, forse l’unico dove riesco a trovare la mia oasi di pace e dove non c’è mai il mare in tempesta: infatti c’è dialogo, complicità nei balletti su Tiktok e confidenza sulle chat di WhatsApp e di Instagram.
Ah, dimenticavo, lo vedete? Lì in fondo ce n’è un altro, è il più “buio” forse, l’unico quasi “irraggiungibile”…il cassetto delle COTTE, che contiene il mio primo amore, a cui non ho mai avuto il coraggio di confessare i miei sentimenti.
Molti dicono che alla nostra età l’amore non esiste, ma ahimè, non posso darvi ragione, non potete immaginare cosa si prova quando ci si innamora.
Tuttora mi capita di incontrarlo e mi brillano ancora gli occhi, come quelli di una bambina che vede tanti regali sotto l’albero di Natale. È un sentimento che mi ha fatto annegare ma nello stesso tempo è stato una vera ancora di salvezza.
E poi, non ultimo come importanza, il cassetto dei SOGNI, un posto in cui conservo tutte quelle idee, quei pensieri, quei desideri che mi vengono in mente e che potranno tornarmi utili in futuro.
Ogni tanto ne tiro fuori uno, lo guardo, facciamo quattro chiacchiere e poi, fissandolo negli occhi, gli dico sinceramente: «Tu potresti diventare un progetto!» oppure «Sei un sogno bellissimo e voglio custodirti così come sei!»
E voi, com’eravate da adolescenti? Alla fine, avete realizzato i vostri sogni o avete scelto di chiuderli in qualche cassetto e di non pensarci più?
Spero che questo viaggio nella mia testa da adolescente sia servito a rispolverare la vostra memoria, per ricordarvi ciò che spesso tendete a dimenticare: che anche voi vi siete innamorati per la prima volta come una pera cotta e avete sofferto per amore, che avete fatto finta di essere malati per saltare una lezione, combattuto per conquistare la vostra indipendenza e per risolvere il confronto tra ciò che i vostri genitori si aspettavano da voi e ciò che volevate essere.
Adesso potete scendere dalla nave. Io continuerò a scrutare l’orizzonte dall’oblò, mentre gusto un bel panino al salame, perché mia madre mi dice sempre:” Mangia, così non ti viene il mal di mare!”.
Ops, dimenticavo, ho “un messaggio in bottiglia” anche per il mio primo amore, di cui vi parlavo prima: “Avvicina il tuo orecchio al mio, copri l’altro con la tua mano e pensa a me, come se fossi una conchiglia. Ecco, adesso riesci a sentire i miei pensieri? Hanno il suono di ciò che non ho mai avuto il coraggio di farti ascoltare!”