DI: Dominique Suraniti
Oggi, noi siamo felici e siamo felici perché a scuola si è celebrata la festa dei nonni all’interno del progetto Unicef. Ieri abbiamo addobbato l’aula con i palloncini invece stamattina abbiamo addossato i banchi alle pareti e, sistemato le sedie in cerchio, al centro abbiamo messo un tavolo con una tovaglia, le candele accese, le foto, i libri di un tempo e le pagelle dei nonni.
Alle 8:45 i nonni erano tutti in classe: li abbiamo accolti con in sottofondo una canzone degli anni Cinquanta che conoscevano, infatti, la canticchiavano un po’ emozionati e un po’ stonati. La professoressa, per iniziare, ha letto la storia di Gavino Ledda, un ragazzo sardo che nei primi giorni di scuola fu portato via da suo padre perché doveva fare la guardia alle pecore. Gavino, che non voleva seguirlo, scoppiò a piangere ma la maestra, dopo aver tentato di convincere il padre, lo rassicurò dicendogli che sarebbe diventato un bravo pastore. Quello fu il suo ultimo giorno di scuola.
Dopo questa bellissima storia, alcuni nonni hanno risposto alle nostre domande e ci hanno spiegato com’era la loro scuola e molte altre cose interessanti. Uno di loro ci ha raccontato che, di andare a scuola non gli andava giù, il padre, allora, lo portò a lavorare in campagna. In estate, quando si mieteva il grano, lui era costretto a portare l’acqua fresca nei bummuli e il cibo preparato dalle donne; quando finivano di lavorare, per tornare a casa prendevano l’autobus che era talmente affollato che molti di loro salivano sul tetto del mezzo e visto le strade sterrate e polverose giungevano a casa “così bianchi” che non sembravano neanche persone. Si ribellò al padre e non volle tornare a lavorare in campagna perché la vita era troppo dura e scelse di fare il muratore. Una vita altrettanto dura, infatti, ha aggiunto che giungeva a casa con la spalla sanguinante e la sorella per aiutarlo gli cucì un cuscino da appoggiare sulla parte dolorante. Capì che, per fare bene il suo lavoro, doveva tornare a scuola; scelse di frequentare, come molti altri, la scuola serale perché durante il giorno erano costretti a lavorare. Una nonna ci ha parlato, invece, della merenda che portavano a scuola: il pane con l’uovo fritto, il pane con lo zucchero o l’olio; ci ha anche detto che i quaderni usati venivano riportati in una bottega perché il negoziante faceva uno sconto per acquistare quello nuovo. A questo punto abbiamo chiesto qual era la ragione di questo comportamento e lei ci ha dato una risposta che ai nostri giorni ci appare inverosimile: il negoziante strappava i fogli per confezionare lo zucchero, il sale e il bicarbonato o altro. Davvero incredibile. Dopo abbiamo visionato le pagelle, i libri e le foto.
Un altro nonno ha letto un tema sull’importanza della scuola e ci ha consigliato di studiare perché la cultura è importante per dare dignità all’uomo. Ci hanno anche detto che non avevano lo zaino ma una cartella di cartone e alle scuole medie, quei pochi che ci andavano, usavano la cinghia. Infine, la professoressa ha ringraziato i nonni rilevando l’arricchimento che hanno apportato con i lori racconti. Poi ha espresso il desiderio di svolgere una attività con loro e di effettuare un’uscita assieme per visitare il museo antropologico di S.Maria.
I nostri amati nonni non volevano andare via, un po’ perché c’eravamo noi, un po’ perché erano ritornati bambini.