di JASMINE LACALAMITA – Ormai sono mesi che si parla di un mondo inquinato, di pesci che non mangiano altro che plastica e noi che mangiamo quei pesci. Che cosa facciamo per rimediare a tutto questo? Gettiamo altra plastica nel mare, incuranti dei danni che causiamo. La nostra negligenza è la causa di vere e proprie isole di plastica che galleggiano nei mari. In tutto sono sei, a detta del Corriere della Sera, le più estese isole di plastica.
La più grande è chiamata Pacific Trash Vortex, è situata nell’oceano Pacifico. Le dimensioni di quest’isola artificiale non sono ben note. Dalle immagini satellitari si stima che la superficie sia approssimativamente più grande di quella di Francia, Spagna e Germania messe insieme. Altre stime parlano di una superficie che va da 700 a dieci milioni di km quadrati. Molti animali, come tartarughe, uccelli, e pesci muoiono a causa dell’inquinamento da plastica, perché la sua ingestione può provocare occlusioni o perforamento dell’apparato digerente.
South Pacific Garbage Patch
Grande 8 volte l’Italia e più estesa del Messico, la South Pacific Garbage Patch è stata scoperta recentemente al largo di Cile e Perù.
North Atlantic Garbage Patch
Scoperta per la prima volta nel 1972, l’isola del Nord Atlantico è la seconda più grande per estensione (si stima che potrebbe sfiorare i quattro milioni di km²).
South Atlantic Garbage Patch
Forse la più “piccola” tra le isole di plastica, la South Atlantic Garbage Patch si estende per oltre un milione di chilometri quadrati ed è mossa dalla corrente oceanica sud atlantica. Situata tra l’America del Sud e l’Africa meridionale, è stata poco documentata e raramente intercettata dalle rotte più commerciali.
Queste sono solo le più grandi. In giro per la terra ci sono migliaia se non milioni d’isole più piccole con tonnellate di plastica. Ma come fare per pulire i nostri mari e le nostre terre da questo inquinamento? E come fare a salvare noi dalle malattie e dalla morte?
Forse in piccolo qualcosa lo possiamo fare; tutti insieme possiamo portare un enorme cambiamento, difatti da piccole cose nascono grandi cose. Che cosa fare? La raccolta differenziata. Un’azione molto semplice che sottrae solo qualche secondo alla nostra vita, ma che può salvarci. In Italia, da qualche anno, nei diversi comuni è stata avviata un’attività di raccolta rifiuti affidando cinque bidoni a famiglia (uno per la carta, uno per la plastica, uno per l’indifferenziata, uno per l’umido e uno per il vetro) in cui conferire la nostra spazzatura. Perché fare la raccolta differenziata? Per trasformare, riciclando, i rifiuti in nuovi materiali, oggetti o sostanze del tutto differenti dai rifiuti d’origine. Ciò comporta grandi benefici ambientali, con taglio netto delle emissioni inquinanti, uso efficiente delle risorse, con un risparmio idrico, elettrico, di materie prime, benefici per la salute. Insomma non è nulla di così complicato, basterà solo sforzarsi un po’ per ricordarsi dove vanno buttati certi oggetti e la nostra vita sarà più sana, ma soprattutto più pulita. Inoltre l’Italia, e molte altre nazioni, stanno pensando a una legge per vietare la plastica nelle spiagge. Come fare senza i nostri amati e comodi strumenti di plastica? Semplice! Possiamo utilizzare gli stessi strumenti però di carta o materiali biodegradabili. Anche le scuole si sono attivate per spiegare ai propri ragazzi come fare la raccolta differenziata e soprattutto le finalità. Nel mio Istituto, per esempio, in ogni aula è stata allestita un’isola ecologica per il conferimento differenziato dei rifiuti. Inoltre, un gruppo di alunni è stato formato in merito alle corrette pratiche di raccolta differenziata con il compito di condividere le regole con tutti gli studenti e fare loro da tutor. Tra l’altro chi non farà la raccolta differenziata per bene sarà sancito con delle multe abbastanza salate e ovviamente poi buttare nei soliti bidoni o portarsi delle buste così che poi quando si arriva a casa smaltiamo tutto nei nostri bidoni.