Adesso che riposi sull’Olimpo
con Ganimede mescitore al tino
canti di Creta, Atene, Sparta e Tebe
novello sposo d’amorosa Ebe.
Non fosti al Limbo, sebbene peccatore
Minosse ti graziò perché divino
a Radamante piacquero i sorrisi
di chi t’udiva mormorar gli incisi.
Dapprima destinato ai Campi Elisi
incoronato all’ombra degli eroi
Nerea volle recarti fino al mare
ad incrociare Lecce, pria d’andare.
Tu, Cadmo d’armonia, pregiata gola
che alle sirene avevi dato scuola
rapisti Europa, America e Salento
forgiando la tua voce nell’argento.
In Argentina replicasti Anselmi
cingendo elmi, persino il suo costume
l’Enotria scorse nascere le piume
di un usignolo che mutava in nume.
Turin, Milan, con Napule e Vercelli
s’avvider di gorgheggi tanto belli
quell’arie recitate con passione
di lemmi titolati da blasone.
Puccini stesso dirompeva in pianto
commosso dal lirismo del tuo canto
New York, Chicago, Londra, Baltimora
gridavano esultanti: “Ancora, ancora!”
Nascesti come fragile nessuno
solcasti i mari al pari di Nettuno
civilizzando il mondo del melismo
Ulisse inarrestabile e glorioso.
Risorto dalla pianta del “fasulo”
rinvigorito al suon della “purpetta”
guaristi pronto a divenir famoso
virtù di un oste amante d’operetta.
Poi furon ville in California e altrove
scordata Emilia, successi e donne nuove
fedele a Lecce, non solo al repertorio
fondasti in essa il suo conservatorio
Come Minerva ulivo pose in Attica
desti ai Messapi in arte la didattica
per ripartire ai luoghi del Levante
perché, prima di tutto, eri cantante.
Se Poseidone, studiando l’onda al mallo
creò il galoppo così come il cavallo
tu cavalcasti invero molte scene
col sangue del Salento nelle vene.
La vita d’ogni uomo, in grembo a Crono
appare una chimera, forse un dono
che il Fato a sè reclama senza scherno
negando facoltà d’essere eterno.
Re Sole stesso non durò per sempre
la tua Versailles le regie luci spense
Tanato giunse con Ipno sulle spalle
ponendoti sugli occhi un nero scialle.
Morfeo ti fa sognare, con iride al suo fianco
e viaggi, viaggi, viaggi senza sentirti stanco
un piccolo usignolo, più alto dei Titani
un disco che Puccini, ha ancora tra le mani…