//SEX EDUCATION: LA SERIE CHE INSEGNA AD ESSERE ADOLESCENTI

SEX EDUCATION: LA SERIE CHE INSEGNA AD ESSERE ADOLESCENTI

di | 2019-02-23T09:39:50+01:00 23-2-2019 9:39|Alboscuole|0 Commenti
Federica Improda II D – Sfido chiunque ad affermare di non aver mai visto Il bambino col pigiama a righe: tutti noi ne conosciamo almeno un fotogramma. E per quanto sia difficile togliersi dalla testa le immagini del povero ebreo da cui il film prende nome, è altrettanto arduo dimenticare gli occhioni azzurri del bimbo tedesco. Ebbene, proprio quel bimbo, all’anagrafe Asa Butterfield, è ora cresciuto e con lui i suoi occhi di ghiaccio, e dopo diverse significative apparizioni al cinema – tra cui ricordiamo Ender’s Game, dall’omonimo famosissimo libro, e Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, anche questo tratto da un romanzo – è finalmente approdato dove tutti i migliori attori sembrano convergere in questo periodo, ossia sui piccoli schermi, e più precisamente sull’ormai universalmente conosciuta piattaforma di streaming Netflix. Qui, affiancato da un cast giovane e frizzante e dalla veterana Gillian Anderson – la Scully di X-Files – ha vestito i panni di Otis, imbarazzato e imbarazzante figlio di una sessuologa, alle prese con l’adolescenza e con i relativi problemi, propri e altrui. La serie ha avuto un impatto mondiale stupefacente, tanto da essere rinnovata per una seconda stagione meno di un mese dopo la sua messa in onda. E con tutte le ragioni. Innanzitutto, Sex Education è vera. È genuina. Certo, il media attraverso cui è distribuita impone che alcuni aspetti siano romanzati, ma ciononostante nulla di tutto quello che avviene a Otis e ai suoi coetanei sembra falsato o artificioso. La serie discute argomenti spinosi e controversi come l’aborto e il cyberbullismo, dichiara l’importanza del consenso, mette in luce la necessità di conoscere i propri piaceri e i propri bisogni, insegna a curare il corpo e la mente e a non lasciare che l’uno vinca sull’altro, mostra i personaggi nella loro individualità e intimità e nei loro rapporti sociali e familiari. L’ambientazione quasi idillica, le magistrali interpretazioni dell’intero cast, la stupefacente colonna sonora e la sottile patina di quell’humour tipicamente britannico contribuiscono a creare un prodotto insieme semplice e leggero e fortemente significativo, capace sia di allietare il suo pubblico sia di mandare i giusti messaggi. E allora ritornano le parole di Lucrezio, che si proponeva di addolcire la filosofia con il dolce miele delle Muse per farla digerire alle masse: Sex Education, apparendo sotto finto travestimento come il classico teen drama che va tanto di moda al momento e in fondo è solo spazzatura, risulta in realtà un romanzo di formazione, adattato nella forma e nel mezzo più congeniale alla comunità del terzo millennio.È una serie per figli e genitori, per adulti e adolescenti, per alunni e professori, per maschi e femmine, per chi sa già tutto e per chi vuole sapere, per chi vuole ridere e per chi vuole piangere, per chi vuole guardare qualcosa di non impegnativo e per chi invece vuole il contrario. Insomma, è da vedere. È da vedere da soli o in compagnia – ma, in seconda analisi, forse è meglio da soli: l’inizio di ogni episodio è… particolare, in parole povere. È da vedere di giorno o di notte, con o senza popcorn o caramelle o cioccolatini per accompagnamento. Ed è da vedere assolutamente non doppiata, per non perdersi gli accenti British e per godersi il soprannome di Eric nell’originale inglese. Di sicuro ne varrà la pena.