//Quante emozioni ci sono nella parola Erasmus +?

Quante emozioni ci sono nella parola Erasmus +?

di | 2022-05-17T17:42:00+02:00 17-5-2022 17:42|Alboscuole|0 Commenti
Di Rosaria di Ruvo   Nella scuola di oggi, quella che sembra avere il lock down alle spalle e che guarda avanti con più coraggio, insegnanti, alunni e famiglie sono chiamati a partecipare a progetti che sono delle specie di vortici di esperienze e di emozioni. L’Erasmus + che si è da poco concluso nella scuola Vaccina e che ha visto confrontarsi alunni e docenti della stessa scuola, di una scuola finlandese di Järvenpää e di un’altra polacca di Chorzow può considerarsi uno di questi vortici. L’Unione Europea chiederà di svolgere numerosi resoconti di tutto quanto vissuto e svolto, dal punto di vista degli obiettivi raggiunti, delle attività svolte, dei soldi spesi  e tanto altro ancora. Come spesso accade non verrà chiesto nessun resoconto emotivo, come se questa componente qui non fosse importante: qualcosa su cui soprassedere perché non quantificabile, non misurabile. In questi schemi di verifica dove le parole da inserire devono essere contate fino all’ultimo carattere, non c’è modo di raccontare dello sgomento e dell’eccitazione iniziale dei ragazzi che hanno dovuto far spazio nella loro casa e nel loro cuore per un nuovo amico; della fatica di dover cercare un modo di comunicare che potesse diventare il più spontaneo e naturale possibile, e trovare un inspiegabile conforto nella lingua inglese. Una lingua straniera che  non è più solo una tra le tante discipline scolastiche, ma una chiave universale per entrare in mondi nuovi, in modi di vivere abbastanza diversi dai propri, e per aprire spazi e prospettive nuove. Non è dato di raccontare dello sforzo, che spesso è gratificante e  altre volte no, di entrare in una relazione che ha regole emotive del tutto diverse da quelle a cui si è di solito abituati con gli amici e le conoscenze di sempre, da questa relazione scoprire di avere una grande forza, gioiosa e vitale, che aiuterà questi ragazzi a vivere con più fiducia in se stessi le sfide relazionali, perché una relazione nuova è sempre una sfida. Non si può raccontare dell’entusiasmo condiviso e autogenerante di fare insieme qualcosa per tutti come pulire un pezzo di spiaggia, costruire panchine con materiale riciclato, rimboccarsi le maniche e sporcarsi le mani, con visi concentrati sul da farsi ma sempre pronti al sorriso più vero. Non è dato di raccontare delle lacrime, degli abbracci strettissimi per la fine di un’esperienza, perché anche della fine c’è da fare esperienza e saperla accettare senza sentirsene sopraffatti. In questi resoconti e verifiche non c’è nessun paragrafo che riguardi le famiglie e la loro generosità: la loro voglia di mettersi in gioco tutti insieme, di creare un angolo per qualcun altro nella propria casa, e accettare  che proprio la presenza di quel qualcun altro possa far cambiare gli assetti e le abitudini di sempre della stessa famiglia, e sorprendersi nel sentire se stessi e nel vedere gli altri diversi. Non si può scrivere del tempo nuovo da trovare tra i tanti impegni per far sentire a proprio agio questo nuovo amico, sempre meno estraneo, sempre più figlio e del ricordo potente che non potrà che incidere sulle scelte future dei propri figli; un ricordo pervaso da un esempio di accoglienza e che non può che essere alla base di qualsiasi accettazione di ogni possibile diversità. Anche per gli insegnanti che avranno da rendicontare su tante cose non ci sarà spazio per descrivere la preoccupazione che pervade ogni inizio di un esperienza così importante ma anche l’entusiasmo e la gioia di condividere un gioco di squadra, del sentirsi sopraffatti dalla bellezza di vedere i propri alunni così presi dal proprio vissuto, da queste nuove relazioni, dal poter camminare loro accanto durante le escursioni e sentirli dire che “Questa è l’esperienza più bella della mia vita”, dal vederli aiutarsi reciprocamente a risolvere le inevitabili incomprensioni con i nuovi amici e tenersi tutti stretti in un abbraccio grande quanto tutta l’Europa. No, non c’è modo di scrivere nulla di tutto ciò negli atti e documenti ufficiali. Ma è quanto di più radicato nel cuore di tutti coloro che vi hanno preso parte e che sarà proprio per questo vissuto emotivo che forse saranno dei gioiosi e coscienziosi cittadini europei di domani.