di Redazione
“Per vivere in gruppo ci vogliono delle regole”: a partire da questo concetto tanto semplice quanto fondamentale, il Capitano Pietro Zona e il Maresciallo Agostino Turturro dell’Arma dei carabinieri hanno tenuto un incontro sulla legalità nella palestra della Vaccina giovedì 8 febbraio. A beneficiare dell’incontro gli alunni delle classi seconde.
Dopo un breve video di presentazione della attività e dei reparti dell’Arma dei Carabinieri, il capitano Zona è entrato subito nel vivo dell’argomento mostrando come la legalità, oltre le leggi e il loro rispetto, non possa prescindere dal rispetto della persona ed è presente in molteplici aspetti del vissuto quotidiano: dall’uso rispettoso del codice della strada di monopattini elettrici e biciclette a pedalata assistita alle pene in cui possono incorrere i minori di età compresa fra i 14 e i 17 anni fino all’uso consapevole dei social network, tenendo ben presente alcune regole fondamentali: di tutto ciò che pubblichiamo sui social rimane traccia, fare attenzione alle foto da postare, non offendere nessuno e (soprattutto) non accettare amicizie da sconosciuti. Su quest’ultimo punto il capitano Zona ha svolto un’importante riflessione sull’amicizia che così sintetizziamo: amicizia vera è fare squadra, aiutare chi è in difficoltà, ascoltare. È anche così che si sconfigge il bullismo, che insieme al fenomeno del cyberbullismo è stato il secondo grande tema trattato, con esempi concreti e precisazioni di ordine giuridico sui reati connessi a questi due fenomeni, che spesso nascono come (semplificando) presa in giro di qualcuno, atteggiamento che quando diventa sistematico, ripetuto, con atti di violenza fisica e con intensità sempre crescente (anche on line) assume la forma di ciò che chiamiamo bullismo, ma che in realtà ricopre una vasta gamma di reati; fra questi: insulto, diffamazione, minacce.
Altro tema forte dell’incontro, su cui il capitano Zona ha speso molte e dense parole e fatto riferimento ad episodi della sua lunga esperienza, è quello dell’alcolismo e della droga: i ragazzi lentamente, a piccoli passi, senza nemmeno averne la consapevolezza, si avvicinano al consumo e poi allo spaccio, imboccando strade sbagliate. Si tratta di situazioni in cui un contesto familiare positivo può essere decisivo. Infatti uno dei primi passi che l’autorità giudiziaria compie, ad esempio nei confronti del minore (14 anni) che spaccia se ne occupa il tribunale dei minori che può far seguire il ragazzo dai servizi sociali.
Successivamente, si è aperto un lungo momento di dialogo fra i ragazzi e i rappresentanti dell’Arma. Il discorso è di nuovo, inevitabilmente, scivolato sui social network; in particolare, sulla pubblicazione di immagini e testi offensivi e sul fenomeno del cyberbullismo. In sostanza sono state ribadite le raccomandazioni date durante l’incontro cui se n’è aggiunta una, fondamentale: parlare o denunciare agli adulti di riferimento – genitori, parenti educatori di vario genere, catechisti, docenti, forze dell’ordine – gli atti di bullismo subiti.
Una raccomandazione, quest’ultima, riaffermata con forza dalla preside a conclusione dell’incontro.