Annachiara De Leonardis – Noi siamo la generazione Z , quella che non viene capita da nessuno , quella che viene sempre attaccata per il modo di pensare , quella con la sindrome di “ Peter pan” quella che non ha voglia di crescere .
Eppure da non avere mai tempo per fare visita ai familiari , da non avere mai tempo per aiutare mamma nelle faccende di casa anche noi ci siamo ritrovati tra le onde di una alta marea con una piccola barca a vela.
Dall’ “ iperconnessione “ alla scoperta della noia .
Era il lontano 5 Marzo , quando la grande e impotente violenza del virus , ha imposto a tutti noi le norme anti-contagio e ci ha segregati in casa .
Un microrganismo invisibile, ma capace di fermare il mondo e di porre quesiti alla scienza.
In questo periodo tutti noi ragazzi siamo chiusi in casa e tra le quattro mura ci chiediamo quando tutto questo finirà .
Stiamo sperimentando una nuova cosa : “ la noia “ . Chi l’avrebbe mai detto che non andare a scuola e, al contrario, stare a casa con il telefonino e l’iPad ci avrebbe fatto mancare quella sensazione di felicità?
Noi ormai siamo impazienti , vorremmo ritornare il prima possibile tra quei banchi di scuola e provare ancora una volta le emozioni più belle tra loro. Desideriamo ritornare ad abbracciarci, desideriamo incontrarci nei parchi e ridere all’’impazzata. Desideriamo ritornare a vivere l’emozione della preoccupazione, il giorno prima, di un compito in classe , di una interrogazione.
Noi vogliamo solo riavere la nostra vita, tutto quello che ci spetta e, soprattutto, la nostra libertà .
La convivenza” forzata “ in casa non è semplicissima, quest’età è nascitura di discussioni e incomprensioni con i nostri genitori e fratelli.
I social network risuscitano ricordi malinconici di quella devastante normalità odiata da tutti circa due mesi fa.
Sembra come se il presente abbia avuto una muta e si sia trasformato in infinito , pieno di incertezze e sconforti .
L’emergenza ha reso inevitabile una sperimentazione di “didattica a distanza” che potrà pur sembrare bella e innovativa, ma in realtà è tutto il contrario!
Le connessioni vanno e vengono, le chiamate che si chiudono e gli altoparlanti che si interrompono, ma io sono disposta a tutto pur di vedere il volto delle mie insegnanti e dei compagni che mi sollevano il morale!
Pensare che tempo fa avevo la fortuna di poterli vedere nella realtà è non per mezzo di uno schermo .
Questo fa di me una ragazzina diversa, pronta ad essere consapevole che anche le minime cose non sono “dovute” e che tutto è prezioso .
Solo ora ho capito che, anche se non ho una vita da influencer o rockstar , amo la mia vita nelle sue piccolezze e particolarità , dall’andare a scuola alle 8:15 del mattino, all’andare a scuola di danza e uscire anche quelle poche volte con i miei amici, dal poter ritornare a salutare la gente con una semplice stretta di mano senza dover temere che quel saluto segni il mio nome su un tampone scritto positivo quindici giorni dopo .
Quello che mi rattrista è sapere che forse oggi andrà come domani , che domani andrà come dopodomani e che dopodomani andrà come dopodomani ancora.
Non avrei mai pensato di assistere ad una epidemia mondiale e di dover stare tre mesi in quarantena .
Ciò che conta per noi nel nostro piccolo è sostanzialmente insignificante di fronte ad una minaccia da morte .
Il panico da coronavirus è più utile di quanto si pensi , esso ci rende impauriti , vulnerabili e senza maschere , questo porta a mostrarci così come siamo e che esseri siamo , noi siamo esseri umani .
Salverò questo testo perché in futuro vorrò leggerlo ai miei figli quando studieranno la cosiddetta epidemia che ha fermato il mondo per mesi interi .