I compiti per le vacanze natalizie sono una realtà, con la quale gli studenti sono, fin dai primi anni del loro iter formativo, costretti a cimentarsi. Ma è chiaro sottolineare come essi rappresentino per la maggior parte di loro (data la spropositata quantità) un motivo di frustrazione e la causa principale per cui le vacanze non vengono godute appieno. In questi anni il tema si è affermato anche a livello sociale e politico. A riportarlo a centro del dibattito pubblico l’articolo del giornalista del “Corriere della sera” Paolo Di Stefano del 26 dicembre scorso. Egli argomenta, mediante monito rivolto agli addetti ai lavori, come il carico dei compiti sia eccessivo, tale da minare l’atmosfera “festiva” che caratterizza questo periodo dell’anno. Prima di proseguire invito lettori alla lettura dell’articolo in questione in modo da comprendere più a fondo la tematica trattata. L’articolo dal titolo ” Tutti i compiti di mia figlia, così la scuola si fa odiare” ha scatenato una miriade di commenti da parte di studenti, docenti, dirigenti scolastici ma anche esperti in psicologia e pedagogia. Per entrare nel vivo del focolaio scatenatosi riporteró di seguito alcuni commenti e affermazioni (che per ovvie ragioni saranno sintetizzati) provenienti da fonti di vario genere. Il primo commento é proprio quello in risposta all’articolo di Paolo Di Stefano da parte di una professoressa delle medie, Francesca Bernasconi (sempre pubblicato su “Corriere”). Ella asserisce: << C’è già troppo odio in giro perché un giornale serio come il “Corriere della sera” ne istighi dell’altro, per di più contro un’istituzione come la scuola sempre più indifesa e bersagliata. La scuola non si fa odiare, la scuola viene fatta odiare da una società che ne svilisce l’importanza e i valori. La pretesa tipica di questi giorni è che si chiede solo e soltanto cosa può fare lo stato per noi e mai e poi mai cosa possiamo fare noi per lo stato. Il compito cruciale che ha la scuola, formare le nuove generazioni, viene sempre meno condiviso dalle famiglie che invece di affiancare i professori, vi si contrappongono stabilendo una controproducente alleanza con i figli. L’istruzione passa anche per i compiti, compresi quelli delle vacanze, può anche essere che essi siano troppi ma la sede giusta dove discuterne è il consiglio di classe nel quale affiancare i professori cercando di raggiungere l’obbiettivo che si ha in comune ovvero dare un futuro ai ragazzi che educate insieme>>. Insomma, a detta della prof., i compiti delle vacanze sono una realtà importante nell’istruzione dei ragazzi e se la quantità risulta eccessiva bisognerebbe cercare di instaurare un dialogo con i docenti e non dar spazio ai fenomeni di deleteria. Infine, ella citando quella che fu la filosofia di John Fitzgerald Kennedy, invita a non pretendere incessantemente cambiamenti da parte delle istituzioni ma di attivarci affinché possiamo essere noi gli artefici dei cambiamenti tanto sollecitati. Un altro commento senza dubbio degno di nota è quella della docente di psicologia Manuela Cantoia dell’Università E-campus. In una intervista al giornale “Repubblica” ha dichiarato: << I compiti per le vacanze servono a non perdere l’allenamento allo studio, l’importante è che siano personalizzati rispetto alle specifiche esigenze dello studente, dato che i compiti hanno una funzione differente a seconda della fascia d’età di scolarizzazione. Per esempio alle elementari i bambini imparano concetti come le tabelline e dato che il processo di automatizzazione è fondamentale, il suddetto processo si può acquisire solo studiando tutti i giorni anche durante le vacanze. Alle medie e alle superiori i ragazzi sono chiamati a studiare da
soli e a memorizzare, ma questa è l’età dove aumentano i problemi motivazionali e il rapporto con le autorità, allora servono quelli che in gergo vengono definiti “compiti autentici” cioè quelli che permettono di calare i contenuti scolastici nella vita di tutti i giorni, in modo da far capire ai ragazzi la ricaduta pratica di quello che imparano>>. Fra i tanti “contro” rispetto ai compiti durante le vacanze natalizie, possiamo annoverare il commento di Maurizio Parodi, pedagogista e dirigente scolastico genovese che al tema ha dedicato un libro (Basta compiti, 2016). A suo parere i ragazzi sono ormai sovraccarichi di impegni scolastici ed extrascolastici, per cui necessitano di un tempo di riposo in cui ricaricare le batterie e dedicarsi al cosiddetto “tempo libero”, sostanzialmente negato durante l’anno per via di agende fitte e ritmi serrati. Egli ha indetto una petizione firmata da quasi 35.000 persone per abolire i compiti a casa e durante le vacanze, ritenendoli dannosi anche perché finiscono col suscitare odio per la scuola e repulsione verso la cultura. Ma un dato davvero interessante, a sostengo della tesi “no compiti delle vacanze” che ritengo opportuno menzionare è quello dell’indagine del Pirls (Progress in International Reading Literacy Study ), che tra le altre cose indaga periodicamente sull’abilità di lettura dei bambini del 4° anno di elementari. Secondo l’ultimo aggiornamento, pubblicato nella primavera 2019, hanno ottenuto un punteggio più alto i bambini che ricevono una dose minima di compiti per casa e durante le vacanze. Nel dettaglio: quando i compiti a casa richiedono una dedizione di oltre 60 minuti il punteggio scende a 531 punti quando un lavoro richiede meno di 15 minuti il punteggio mediamente é di 552 punti. Dopo aver riportato alcuni dati utili al fine della comprensione del quadro generale in cui riversa l’opinione pubblica sulla controversia in questione, gradirei concludere con qualche osservazione a partire dalle mie esperienze e quelle dei miei compagni di scuola. Purtroppo sono spinto ad affermare che i compiti delle vacanze natalizie, capitando in un periodo delicato dell’anno scolastico (ovvero nel pieno del suo svolgimento), possano solo fungere da induttori di stress. Pertanto la mia opinione coincide pienamente con quella del pedagogista Mario Parodi: le vacanze devono essere viste come un corroborante per noi Studenti e devono offrirci la possibilità di rientrare con la giusta determinazione e grinta che permetterà ad ognuno di dare il meglio di sé. Sotto questo punto di vista i compiti sono tutt’altro che un’agevolazione.
Luigi Maglione (5^ C)