di Letizia Lombardo (classe 3^C) – In ogni epoca storica, l’uomo ha sempre agognato la felicità, un sentimento di piacevole euforia e pace che ha origine e sede nella mente, nel cuore e nella fantasia. Eppure è tanto fugace quanto illusorio. Specialmente, in un periodo storico travagliato da diverse guerre e dissidi, come quello tra il Settecento e l’Ottocento, l’uomo ha sentito la necessità di vagare con la propria mente ed esporre il proprio malessere tramite le poesie, dando vita a una nuova corrente letteraria: il Romanticismo, che esalta il sentimento e le emozioni a discapito della razionalità. Tra i maggiori pionieri del Romanticismo italiano ci sono Ugo Foscolo e a seguire, Giacomo Leopardi, nati nella stessa epoca storica, ma con un vissuto molto diverso. Ugo Foscolo ha una vita sociale molto più attiva di Leopardi; si dimostra un accanito sostenitore di Napoleone e si trasferisce a Londra in esilio volontario quando Bonaparte cede la Repubblica di Venezia agli austriaci. Era, infatti, un fervente nazionalista.
Invece Leopardi è più estraneo alla politica e più incline alla filosofia, prigioniero del suo “natìo borgo selvaggio” conduce la sua lotta contro i genitori. La fuga, il ritorno, la partenza, lo studio matto e disperatissimo sono i sintomi di una personalità inquieta che trova sfogo nei suoi innumerevoli scritti. I due poeti sono tormentati da un fuoco interiore, una sorta di cancro dell’animo eppure reagiscono di fronte alla natura in modo diverso: tanto Foscolo osannava la bellezza della natura, tanto Leopardi la esecrava definendola una perfida matrigna, che illude l’uomo lasciandolo poi privo di speme.
Altra divergenza fra i due poeti è data dalla loro visione della vita, il poeta recanatese inneggia e acclama la gioventù e descrive in modo sublime le diverse fasi della vita nella poesia il “Sabato del Villaggio” dove prima guarda il mondo con gli occhi della vecchietta che rimembra il tempo in cui anche lei soleva ornarsi per le feste tra amici, osservando una fanciulla e i ragazzi che si trastullavano per la piazza festosi.
Foscolo, al contrario, aspira alle orme che conducono al nulla eterno, nella sua vita è stato afflitto da molti lutti e rivolge un ultimo saluto a Zacinto, la terra su cui giaceva il suo corpo di fanciullo, e fra le tanti fasi del dì ama profondamente la sera perché è per lui l’ immagine della quiete fatale, il momento in cui s’addormenta il suo spirito guerriero.
Leopardi da questo punto di vista è molto più ottimista, e immagina il mondo al di là della siepe nella poesia “L’ infinito”.
Ambedue adottano due stili diversi, Foscolo segue meticolosamente le regole della metrica e scrive prevalentemente sonetti, il cui lessico è altisonante e ricercato, mentre Leopardi si libera dalla staticità di questo genere poetico e declama suoi versi in modo libero divenendo il precursore della canzone.
Foscolo e Leopardi hanno avuto l’indubbio merito di esprimere il dissidio interiore dell’uomo: rabbia, dolore, tristezza, nostalgia, speranza, delusione sono stati resi immortali nei loro endecasillabi, attuali ieri come oggi.
Io, personalmente, li amo entrambi e il naufragar m’ è dolce in questo mar…