Di Umberto Sangiorgio-2^B-
L’antica Napoli è stata fin da sempre caratterizzata da molteplici mestieri e tra i tanti ricordiamo quello del “ramaio”. Il lavoro del ramaio era trasformare il rame, il quale veniva acquistato sotto forma di fogli, in manufatti e stoviglie come per esempio pentole e coperchi, utensili per la cucina, teglie e casseruole. “‘O rammaro”,divenuto poi in italiano ramaio,lavorava in una sua bottega dove al momento produceva e vendeva i lavori realizzati, oppure, mediante la propria carretta, faceva arrivare direttamente a casa ciò di cui i consumatori avevano bisogno.
Con precise scadenze settimanali il ramaio diveniva anche stagnino,questo perché si recava, nel momento in cui c’era bisogno, dai suoi clienti con il compito di ricoprire quegli oggetti che venivano a contatto con il cibo con un sottile strato di stagno, il quale impediva che il cibo diventasse tossico a contatto con il rame. In situazioni più fortunate,come per esempio quando le stoviglie erano troppo rovinate per essere coperte con un semplice strato di stagno,il ramaio aveva la possibilità di venderne delle nuove.
Questo mestiere è stato praticato fino alla metà degli anni 50; successivamente è andato man man scomparendo, questo perché entrò in gioco un nuovo tipo di metallo, l’alluminio. Di conseguenza i ramai dovettero riorganizzarsi ed impegnarsi in un altro tipo di lavoro, continuando a girare di casa in casa,presso la solita clientela, ma, invece di oggetti creati con il rame, cominciarono a vendere capi di biancheria intima o per la casa.
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