L’educazione nei secoli XVII (1600) e XVIII (1700) era significativamente diversa da quella che conosciamo oggi ed era fortemente influenzata dal contesto storico e culturale dell’epoca. Infatti, in generale, l’educazione in quei secoli dipendeva dalla religione e dalla classe sociale di appartenenza, inoltre si aveva un accesso limitato alla scuola, per la maggior parte della popolazione. Tra le figure dell’epoca due spiccarono e funsero da maestri: Comenio e Felenon. Le teorie pedagogiche di Comenio e Felenon erano entrambe volte al benessere degli allievi durante le lezioni, con il fine di ottenere dai ragazzi un miglior apprendimento e migliori risultati. Riguardo a questo, però, loro adottarono diversi approcci. All’epoca erano presenti disuguaglianze sociali che riguardavano proprio gli studenti, infatti le scuole venivano considerate “di élite”. Le differenze erano evidenti non solo riguardo alla classe di appartenenza (nobili o contadini) ma soprattutto al genere (allievi o allieve). Felenon, ad esempio, riteneva corretto educare solamente chi fosse di elevata condizione sociale e affermava che le donne non avessero diritto di ricevere un’educazione se non quella volta alla vita domestica. Nonostante per noi moderni i metodi di Felenon, possono sembrare rigidi e ingiusti, lui fu un validissimo educatore e pedagogista, infatti quei pochi che ebbero la fortuna di essere educati da lui ebbero una formazione di successo. Comenio, invece, non faceva disuguaglianze e risultava più inclusivo per quanto riguarda la condizione sociale e il genere. I problemi della scuola attuale non sono sicuramente l’inclusione, per quanto riguarda genere o condizione sociale, anche se, parlando dei ruoli attribuiti dalla società, le donne in un modo o nell’altro risultano inferiori, ma probabilmente il metodo scolastico in sé. Il compito della scuola non è solamente istruire i giovani, ma educarli, stimolarne la creatività e favorire l’inclusione. Non deve inoltre risultare né un peso né tantomeno un qualcosa di forzato, in quanto l’alunno dovrebbe andare spontaneamente a scuola per suo interesse e piacere. La scuola, ieri come oggi, è un veicolo per l’emancipazione dell’essere umano. Sulla carta ogni stato garantisce le pari opportunità educative ma, nonostante le buone intenzioni, l’appartenenza ad una classe sociale rispetto ad un’alta fa la differenza rispetto al successo formativo. A questo prosito, Louis Althusser, filosofo e sociologo tedesco, interprete delle teorie del conflitto con una prospettiva filomarxista, analizza la nozione di ideologia, asserendo che gli apparati sociali sono utilizzati dagli Stati per rafforzare e conservare le ideologie che servono a mantenere i rapporti di dominio. Althusser identifica questi apparati nella scuola, nelle chiese, nel sistema dei media e nelle istituzioni culturali in generale, denominandoli “Apparati Ideologici di Stato” (AIS). Questi collaborano con gli strumenti di repressione dello Stato come la polizia, i tribunali e le prigioni, per trasmettere le norme e i valori fondamentali su cui si basa la società, assicurando la sopravvivenza delle strutture socioeconomiche. Le teorie di Althusser hanno influenzato la ricerca negli anni ’70, promuovendo studi empirici sul rapporto tra scuola e perpetuazione delle disuguaglianze sociali. Pierre Bourdieu, sociologo francese, ha ulteriormente sviluppato questa linea di ricerca, esaminando come la scuola, nonostante sembri offrire opportunità uguali a tutti, in realtà trasmetta la cultura e il linguaggio delle classi dominanti, favorendo chi appartiene a tali classi.