Di Giorgia di Pietro – Classe II sez. E
Tra le notizie più raccontate di questo periodo riguardanti il clima ci sono quelle sui grandi incendi in Australia. In molti casi i giornali hanno diffuso informazioni sbagliate.
In un post su Facebook , Giorgio Vacchiano, ricercatore in selvicoltura e pianificazione forestale dell’ Università degli studi di Milano, ha spiegato bene tutto quello che c’ è da sapere sugli incendi: le loro cause, il loro effetto, la difficoltà di spegnerli e in che modo il cambiamento climatico gioca un suo ruolo in tale situazione. L’ Australia è grande 769 milioni di ettari; gli incendi da ottobre a oggi hanno percorso circa 8 milioni di ettari e queste cifre saliranno potenzialmente fino a 15 milioni, quindi non possiamo dire che stia “bruciando un continente” .
La vegetazione che sta bruciando è una savana semi arida, si tratta di una vegetazione che è nata per bruciare. Il fuoco infatti, se da un lato distrugge la vegetazione esistente, dall’ altro apre nuovi spazi perché le piante si possono riprodurre e rinnovare.
Ci chiediamo cosa abbia causato le accensioni. In Australia metà delle accensioni sono causate dai fulmini, e metà dall’ uomo per cause sia colpose che dolose. Importante è capire cosa sta causando il propagarsi delle fiamme. Quando l’aria è calda e secca, la vegetazione perde rapidamente acqua per evaporazione e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua gli incendi possono durare più a lungo. Quello che diffonde le fiamme invece è il vento, che spinge l’aria calda generata dalle fiamme sulle piante vicine. Risulta poi difficile spegnere gli incendi di tali entità perché oltre all’acqua e al ritardante lanciati dai mezzi aerei servono le squadre da terra, ma ciò non è possibile perché non possono operare in sicurezza .
Vista la situazione viene spontaneo chiedersi quali siano gli effetti degli incendi. Il bush australiano è un ambiente che desidera bruciare, bruciando migliora il suo stato di salute e la sua biodiversità, rigenerandosi nel corso di anni o decenni. Anche gli animali conoscono il pericolo e molti sanno rispondere, anche se quelli più piccoli possono non riuscire a fuggire. Molti habitat non troveranno più condizioni idonee, ma altri, in compenso, ne troveranno addirittura di migliori.
Gli incendi possono creare forti minacce alle specie rare di piante come il pino Wollemi e sono molto problematici per l’ uomo: il fumo rende l’ aria irrespirabile, e le attività umane per subire danni per miliardi di dollari. In più, si crea erosione, aumenta il rischio idrogeologico e la crisi climatica rischia di aggravarsi.
La straordinaria siccità australiana è stata generata da una rara combinazione di fattori.
Il primo anello della catena è El Nino: un riscaldamento periodico del pacifico meridionale che causa grandi cambiamenti nella meteorologia della Terra.
Altro fenomeno è il dipolo dell’ Oceano Indiano ( IOD ) una configurazione che porta aria umida sulle coste africane e aria secca su quelle australiane. E’ dimostrato che il riscaldamento globale può triplicare la frequenza di eventi estremi nell’ IOD .
A questo si è sovrapposto, a settembre 2019, un evento di riscaldamento improvviso della stratosfera nella zona antartica; che ha portato ulteriore aria calda e secca sull’ Australia, e tale fenomeno sembra venga favorito sia dal climate change che, pensate un po’, dal buco dell’ ozono. Il cambiamento climatico, quindi c’ entra eccome.
Viene spontaneo chiederci cosa possiamo fare. Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi e ad alto impatto. Sforzarci di vedere l’impronta del climate change, delle nostre produzioni e dei nostri consumi in quello che sta succedendo. I koala sono stati colpiti duramente, ma domani toccherà ad altri animali, altri ecosistemi, e forse anche a noi uomini.