I vecchi ospedali psichiatrici, comunemente detti manicomi, erano strutture in cui venivano ricoverate con o contro volontà le persone considerate malate di mente. Nell’antichità, la malattia mentale era ricondotta all’intervento di forze soprannaturali e divine, quindi veniva “curata” attraverso riti mistici e religiosi. Nel Medioevo, le persone che manifestavano comportamenti bizzarri erano considerate possedute dal demonio e venivano condannate al rogo. Nell’età Classica, il concetto di follia subì un cambiamento. Erano considerati “folli” coloro che rappresentavano una minaccia per la società, e pertanto dovevano essere allontanati e possibilmente rinchiusi. Fu così che si costruirono delle strutture che avevano lo scopo di contenere persone con malattie mentali, poveri, vagabondi, mendicanti, criminali, nulla facenti, chiunque vivesse ai margini della società ma anche omosessuali e molte donne. Una delle prime strutture fu l’Hospital General di Parigi, fondata nel 1656, ma poi ben presto si diffusero in tutta l’Europa analoghe strutture. Solo a partire dagli anni ‘50 del ventesimo secolo l’affermazione di una nuova concezione della psichiatria portò all’abolizione dei manicomi in molti paesi. I manicomi erano uno strumento attraverso il quale si decideva, senza utilizzare alcun criterio logico, sulla vita delle persone e su chi dovesse essere rinchiuso per poi finire i suoi giorni lontano dalla società. Una volta entrati in questi luoghi, i pazienti venivano spogliati della loro dignità e trattati senza rispetto. Vivevano in condizioni disumane ed erano costretti a subire punizioni corporali di ogni tipo. Per curare le malattie mentali, nei manicomi venivano usate delle pratiche raccapriccianti come l’elettroshock, praticato in modo selvaggio, attraverso degli elettrodi posizionati in punti precisi del cranio e che liberavano degli impulsi elettronici che causavano convulsioni nei pazienti; la lobotomia, che consisteva nella recisione di parte delle connessioni nervose della corteccia cerebrale. Questo causava un radicale cambiamento di personalità, un calo della reattività e della consapevolezza di sé, una restrizione delle capacità intellettive, oppure causava addirittura la morte; i bagni gelati nel ghiaccio o nell’acqua bollente che ustionava il corpo dei pazienti forzatamente immersi in apposite vasche; la simulazione dell’ annegamento cui il personale medico ricorreva quando il paziente non obbediva. Allora questi veniva sdraiato e gli veniva appoggiato uno lenzuolo sul viso, poi si faceva scorrere l’acqua sopra finché il paziente non eseguiva gli ordini, oppure, pratica ancor più violenta, gli veniva tenuta la testa sott’acqua fino alla perdita dei sensi. Altri metodi spesso adoperati nei manicomi erano le camice di forza, indumenti che costringevano il paziente all’immobilità; la denutrizione, perciò i pazienti venivano lasciati morire di fame o le botte, le frustate i colpi di ogni genere a chi disobbediva alle regole e ai sorveglianti. Spesso i pazienti venivano legati a delle sedie anche con cinghie attorno alla pancia che venivano strette talmente forte da bloccare la circolazione e venivano lasciati così per tanto tempo facendo persino perdere i sensi ai poveri malati. Altre pratiche aberranti erano la sterilizzazione forzata, lo shock insulinico che si provocava iniettando nei pazienti dosi di insulina tale da mandare in coma le persone o lo shock con Cardiozol, un potente farmaco che provocava un dolore talmente forte da dare al paziente l’impressione della morte imminente. Ma sicuramente una delle scelte mediche che inebetiva e frustrava il paziente era l’isolamento che poteva durare settimane, mesi e persino anni. Gli ospedali psichiatrici in Italia furono istituiti dal XV secolo, poi regolati per la prima volta nel 1904 con il nome di manicomi. Furono poi aboliti con la legge Basaglia del 1978.