//L’autolesionismo di Sofia Aresu 2B (Linguistico-spagnolo)

L’autolesionismo di Sofia Aresu 2B (Linguistico-spagnolo)

di | 2023-02-21T09:16:42+01:00 21-2-2023 9:15|Alboscuole|0 Commenti

Il termine autolesionismo si riferisce a quei comportamenti con cui una persona danneggia il proprio corpo infliggendosi lesioni di varia natura. La parola deriva dal greco αὐτός e dal latino laedo, danneggiare, e significa letteralmente “danneggiare sé stessi”.  L’autolesionismo è l’espressione di un fortissimo stress emotivo, di un’angoscia intollerabile per circostanze della vita insopportabili o gravi sensi di colpa. Si manifesta in soggetti che soffrono di depressione, disturbi d’ansia, abuso di sostanze, disturbi post traumatici da stress, schizofrenia e disturbi alimentari. L’autolesionismo è più comune durante l’adolescenza o la tarda adolescenza. Di solito appare tra i 12 e i 24 anni. Le motivazioni dell’autolesionismo sono di solito la necessità di uscire da uno stato di profondo vuotoper riconnettersi alla realtà, cercando con gesti estremi di gestire stati emotivi spiacevoli. L’individuo si impegna nel comportamento autolesionista per ottenere sollievo da un malessere, per risolvere difficoltà o per stare meglio emotivamente, creando così una sorta di dipendenza con l’atto. Chi soffre di autolesionismo si procura lividi e ferite tagliando, bruciando, ingerendo oggetti, mordendo, accoltellando il proprio corpo senza arrivare ad uccidersi. Negli autolesionisti non c’è intenzione suicida. Chi soffre di tale patologia, mentre si ferisce, spera di ottenere sollievo e di risolvere una propria difficoltà o vincere un sentimento negativo, augurandosi di star bene dopo essersi ferito. Ogni caso è diverso da un altro, ma i giovani che si auto-danneggiano provano piacere nel “dolore”. Il dolore fisico, procurato ad esempio dal taglio sulla pelle, può dare sollievo alla sofferenza mentale e diventare paradossalmente un antidolorifico capace di mettere a tacere per un po’ il malessere emotivo e psichico. Il corpo, la pelle in particolare, diventa un foglio bianco attraverso il quale comunicare o vivere le proprie emozioni e cercare, soprattutto nell’adolescenza, di costruirsi una propria identità. Chi soffre di autolesionismo prova disagio, rabbia, ansia e vive una condizione di depressione. Pensa a ferirsi continuamente, fino a perdere il controllo.  Tagliarsi e farsi del male può derivare da uno stato di forte malessere mentale, per cui la persona si sente invisibile e l’autolesionismo è un modo per trovare sollievo al male interiore e per attirare l’attenzione su di sé come a dire: ”guardami, esisto, sono presente, ho bisogno di te”. È un modo per gestire gli stati emotivi difficilmente tollerabili, una fuga da uno stato mentale insostenibile. L’autolesionismo non è un fenomeno raro. Secondo le statistiche ne soffrirebbero il 5% degli adulti, il 17% degli adolescenti e il 30% di giovani affetti da un disturbo di natura psichiatrica. Spesso, poi, a questo comportamento si associa anche l’abuso di alcol, droghe o farmaci non prescritti. La diagnosi di autolesionismo è soprattutto clinica e prevede un’accurata anamnesi, cioè la storia clinica del soggetto, l’osservazione del comportamento e il racconto dei genitori. Il trattamento più diffuso ed efficace per intervenire sulle condotte autolesive è la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Attualmente non sono disponibili terapie specifiche per la cura dell’autolesionismo, ma solitamente sono prescritti farmaci antidepressivi, ansiolitici e tranquillanti per ridurre il desiderio di ferirsi o farsi del male. Nei casi più gravi, il medico può consigliare un periodo di osservazione in ospedale o in centri specializzati, per garantire un ambiente protetto e prevenire i comportamenti autolesivi.