Chiara Coccoluto I A – La prima fotografia della storia (1826) fu il tentativo di Niépce di fissare la veduta da una finestra, sfruttando le capacità d’annerimento del bitume di Giudea su una lastra di peltro, con una posa di circa otto ore. A Londra Niépce presentò l’eliografia alla Royal Society, che però non l’accettò perché Niépce non volle rivelare tutto il procedimento. Niépce concluse allora nel dicembre 1829 un contratto con Daguerre, un pittore parigino di discreto successo conosciuto principalmente per aver realizzato il diorama, valido dieci anni per continuare le ricerche in comune. Dopo quattro anni Niépce morì senza aver potuto pubblicare il suo procedimento. Il figlio Isidore prese il posto nell’associazione ma non fornì alcun contributo, tanto che Daguerre impose il nome dell’invenzione in dagherrotipia, anche se mantenne il contributo di Joseph Niépce. Daguerre utilizzò una lastra di rame con applicata una sottile foglia di argento lucidato, che posta sopra a vapori di iodio reagiva formando ioduro d’argento; seguì l’esposizione alla camera oscura dove la luce rendeva lo ioduro d’argento nuovamente argento in un modo proporzionale alla luce ricevuta; l’immagine non risultava visibile fino all’esposizione ai vapori di mercurio; un bagno in una forte soluzione di sale comune fissava, seppure non stabilmente, l’immagine. Daguerre fu contattato da François Arago, che propose l’acquisto del procedimento da parte dello Stato. Il procedimento venne reso pubblico il 19 agosto 1839 in una riunione dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia delle Belle arti. Il problema era che i negativi diventavano illeggibili in breve tempo; si deve allo scienziato Sir John F.W. Herschel (1738-1822) l’invenzione del bagno di fissaggio definitivo: l’iposolfito di sodio, usato ancora oggi. Caratteristica fondamentale di queste immagini era la loro unicità in quanto non potevano essere replicate e modificate. La nascita della fotografia favorì e influenzò lo sviluppo di importanti movimenti pittorici, tra cui l’impressionismo, il cubismo e il dadaismo, nonostante in un primo momento fosse stata accolta con scetticismo. Venne inoltre in aiuto alla pittura codificando nel ritratto uno dei suoi campi di impiego e di espressione artistica. In America è Matthew Brady a lasciarci i ritratti di Edgar Allan Poe e del giovane deputato Abraham Lincoln. A Parigi il ritrattista della cultura francese è Gaspard Félix de Tournachon, detto Nadar, che ritrae Charles Baudelaire, Sarah Bernardt, Gérard de Nerval; egli inoltre, appassionato di volo ascensionale, inaugura anche la fotografia aerea pubblicando una serie di immagini di Parigi dall’alto riprese dal suo pallone. Altro naturale campo d’utilizzo della fotografia in questi primi anni fu la documentazione di viaggi. L’archeologia, i cui misteri animano cultura e fantasie ottocentesche, è al centro dell’impresa fotografica dello scrittore Maxime Du Camp, che viaggia per tre anni (1849-1851) in compagnia di Gustave Flaubert tra Egitto, Siria e Palestina (pubblicando una selezione di 125 immagini), e dell’inglese Francis Frith, che viaggia negli stessi luoghi nel 1856 e pubblica con enorme successo due volumi con settanta immagini complessive, stampate e incollate a mano su ogni copia. Si passò poi ai primi reportage e alle foto giornalistiche. Il miglioramento della tecnologia ha permesso l’estensione anche nella cattura di immagini dello spazio e della macrofotografia così come del micromondo. E la scienza è stata la prima a beneficiare di questo procedimento. Ma oggi? Oggi la fotografia si è spinta molto avanti, utilizzando tecniche nuove e sempre più precise, garantendo l’immediatezza di visione e una qualità formale eccellente. La fotografia nell’era digitale si contraddistingue per la facilità di rappresentazione ed è dettata dall’iper-dettaglio, un’estremizzazione dell’immagine senza uso di zoom, ma che mantiene la stessa capacità di centrare lo sguardo dell’osservatore da un dettaglio all’altro. Il digitale ha favorito un avanzamento tecnologico che ha permesso agli artisti di sperimentare e trovare modi nuovi di vedere o immaginare realtà e sogni, compromettendo però la nobiltà del mezzo, riservato a una élite di amatori e professionisti, portando chiunque a definirsi fotografo. Potremo sopravvivere senza i selfie? La fotografia è velocissima, cattura ogni istante e diventa quasi la prova della nostra esistenza e della nostra identità. E il futuro? Ciò a cui si punta nell’era moderna sono i cosiddetti ologrammi, che oltrepassano il confine dell’immagine bidimensionale, per riprodurne una tridimensionale. Tantissimi gli appuntamenti in tutta Italia per questa ricorrenza. Uno tra tutti quello dello studio Alinari che desidera rendere omaggio a Nino Migliori e ai suoi settant’anni di attività nella fotografia: una vita di studio e di ricerca appassionati, mentre l’Italia si andava trasformando dopo l’uscita dalla guerra. Un’Italia che vediamo nelle splendide immagini di Migliori tra l’Emilia e il Sud realizzate tra il 1953 e il 1957.