Già da qualche anno, in varie città sarde, hanno avuto luogo delle manifestazioni cittadine per dire no alla possibilità che la Sardegna diventi deposito di scorie nucleari. Queste ultime, infatti, restando radioattive anche per migliaia di anni, possono causare pericolosi disastri ambientali e danni irreparabili per l’uomo, ad esempio malattie come la leucemia e gravi patologie del sistema nervoso. Inoltre, ogni centrale produce in enormi quantità si scorie continuamente, ostacolandone lo smaltimento. A questa minaccia adesso si è aggiunta quella, per la Sardegna, di diventare sito di centrali nucleari. Su questo fronte risale al Gennaio del 2021 l’intervista al docente Antonio Funedda dell’università di Cagliari, che sottolinea come per le aree individuate per lo smaltimento delle scorie non ci siano sufficienti studi sia sui rischi di frane e alluvioni, sia per quanto riguarda le falde acquifere sotterranee. Innanzitutto, si chiarisce il perché della scelta di collocare questi centri anche in Sardegna, e viene giustificato con il basso livello di sismicità della nostra Isola, con vari territori pianeggianti e soprattutto per la scarsa densità di popolazione. Per assicurare la sicurezza di questi siti è indispensabile che le aree abbiano un basso o nullo rischio di inondazioni e scarsa franosità. Nonostante ciò, le zone indicate negli ultimi anni, secondo gli esperti, non sono idonee a causa dei pochi approfondimenti sulla loro stabilità. Da poco è stata svelata la Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai) e da questa si evince che ben otto aree si trovano in Sardegna: due nell’Oristanese, le altre nel Sud Sardegna. Fortunatamente la reazione a ciò è stato un secco no da parte di politici e sindaci del territorio che ribadiscono di non volere le scorie nucleari nella nostra Isola.