“Finché ci sarà uno che conosce 2000 parole e un altro che ne conosce 200, questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa uguali”
L’italiano nacque attraverso la scrittura del dialetto fiorentino trecentesco con l’aggiunta di qualche “latinismo”. Questa lingua, per secoli, venne parlata solamente dagli intellettuali; dopo l’unificazione dell’Italia le cose cominciarono lentamente a cambiare: la leva obbligatoria e la centralizzazione amministrativa crearono l’esigenza di un’unica lingua con la quale tutti i cittadini potessero comunicare. La diffusione dell’italiano fu favorita anche dall’industrializzazione, dalla scuola e dai mezzi di comunicazione di massa. Io credo che al giorno d’oggi insegnare italiano sia un’impresa davvero difficile: nell’epoca in cui stiamo vivendo, tutto va veloce e non solo i mezzi di trasporto, ma il mondo in generale. Anche la lingua e le parole italiane si “consumano” velocemente e “passano di moda”. Questa velocità coinvolge soprattutto i social e i nuovi modi di comunicare. Basti pensare alle faccine o “emoji”, per dirla all’inglese; se si mette a confronto una frase scritta, con una emoji che esprime ciò che viene detto dalla frase, ci rendiamo conto quanto la società moderna sia avanti rispetto alle vecchie generazioni: in pochi secondi riesco a scegliere una faccina che rappresenti ciò che voglio dire mentre, per strutturare una frase che ne esprima la stessa idea, impiegherò molto più tempo. Questo, fino a pochi anni fa, era impensabile. Le stesse caratteristiche si ritrovano se paragoniamo l’italiano scritto a quello parlato; ovviamente, pe quanto detto prima, si preferisce la lingua orale. È molto semplice dimostrarlo: basti pensare a quanto tempo è passato dall’ultima lettera che abbiamo scritto a mano e quanto ne è trascorso dalla nostra ultima telefonata. Con questo non intendo dire che sono contro la modernizzazione; anzi, ne sono assolutamente a favore, ma credo che dando i telefoni a bambini molto piccoli, e non solo, e offrendo loro la possibilità di scrivere il meno possibile, prima o poi il tasso di alfabetizzazione del Paese precipiterà vertiginosamente. Quante volte ci capita di sapere quello che vogliamo dire ma non sappiamo esprimerci? Figuriamoci se la lingua scritta fosse completamente sostituita dalle emoji o da qualche altra invenzione futuristica.
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Ignorante è colui che ha una mancanza riguardo a determinati argomenti, poiché è impossibile saper tutto. Chi ha, invece, questa presunzione, non solo non si mette mai in dubbio, ma smette anche di imparare cose nuove”. (George Orwell)
Proprio riguardo a questo credo che la citazione di George Orwell sia giustissima e che la conoscenza sia un bene indispensabile: più si conosce, più si è acculturati e più si cresce come persona.
Alessandro Cellamaro
Classe 3˚A
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