di Lapo Ruggero Holmes, Classe 1^ B. – Cari lettori e care lettrici, in quest’articolo, da grande appassionato di storia, vorrei raccontare la battaglia di Zama (avvenuta nel 202 a.C.), descrivendo le tattiche e le manovre per far comprendere bene le strategie belliche di quel tempo. Cominciamo dall’inizio. Durante la seconda guerra punica l’esercito romano subì molti cambiamenti. Il disastro di Canne, dove le legioni romane erano state miseramente sconfitte dall’esercito cartaginese sembrava aver regalato ai cartaginesi un grandissimo vantaggio nella lunga lotta contro Roma. Purtroppo per Annibale (il grande generale che comandò i cartaginesi a Canne) la strategia temporeggiante del Console Fabio Massimo permise a Roma di rifornirsi lentamente di equipaggiamento e soldati; infatti, nel 212 a.C. possedevano già ventidue legioni (più di quante ne avessero prima di Canne) e questo permise a Roma di cominciare a concentrarsi su come indebolire le posizioni cartaginesi nel sud Italia. Nel corso della guerra gli interessi della repubblica romana si erano spostati: non c’era più quella solita politica di controllo completo su tutta la penisola italica bensì adesso si trattava del desiderio di potenza dello stato romano che pianificava di conquistare buona parte dell’Africa del nord, l’Iberia e, molto presto, il vicino Oriente. Anche l’esercito aveva subito notevoli cambiamenti: l’esercito che Scipione portò alla vittoria nella battaglia di Zama non era neanche lontanamente simile a quello che Annibale sconfisse a Canne anche se molti soldati erano reduci da quella disastrosa sconfitta. La struttura organizzativa dell’esercito era rimasta bene o male la stessa (davanti i velites, poi gli hastati, in mezzo i principes e poi, infine, i triarii e la cavalleria ai lati) ma i soldati che componevano le legioni non erano più gli stessi: quello sconfitto a Canne era un esercito di cittadini armati e di qualche proprietario terriero ricco, mentre quello di Zama era un vero e proprio esercito di mestiere, composto da veterani che erano stati induriti da anni di battaglia ed erano disposti a restare nell’esercito per tutta la vita. Saranno questi gli uomini che, legati a Roma e ancor di più ai loro generali, conquisteranno tutto il mediterraneo e sconfiggeranno le poderose falangi oplitiche. Fu questo l’esercito che nelle guerre civili romane di un secolo più tardi trasformò la Repubblica romana nel Principato e poi nell’Impero. Alcuni storici sostengono che la Roma Imperiale non sarebbe stata la stessa senza Cartagine come nemico e probabilmente hanno ragione. Nel 211 a. C. il Senato decise di porre fine al dominio cartaginese sulla penisola iberica, cioè la Spagna, e prese una decisione che segnò la nascita della Roma Imperiale: un giovane comandante di appena 24 anni ma già molto esperto venne mandato in Spagna come Console per liberarsi dei Cartaginesi. Quel giovane era Publio Cornelio Scipione l’Africano. Il giovane condottiero iniziò una guerra spietata contro gli insediamenti cartaginesi e già nel 209 a.C. aveva conquistato il quartier generale dell’esercito cartaginese in Spagna e un anno più tardi sconfisse Asdrubale, il fratello di Annibale, impedendogli di mandare rinforzi in Italia. La testa mozzata del fratello che arrivò poco tempo dopo la sua morte al campo di Annibale fu un chiaro segnale per il generale cartaginese che le speranze di ricevere supporti dalla madrepatria erano completamente svanite. Nel 206 a.C. Scipione pose definitivamente fine al dominio cartaginese sulla penisola iberica. Rientrato a Roma nel 205 a.C. Scipione venne nominato console e usò la sua posizione per cercare di convincere il Senato del suo progetto: sconfiggere Annibale in terra africana. I senatori sapevano bene di poter battere Cartagine facilmente ma consideravano la campagna in Africa un rischio inutile dato che Roma momentaneamente non era in pericolo. Invece, secondo Scipione, Annibale non era più una minaccia ed era convinto che la superiorità numerica e qualitativa dell’esercito romano potessero garantire la vittoria consegnando definitivamente a Roma il predominio sul Mediterraneo. Sostenuto dal popolo, Scipione riuscì a farsi dare l’autorizzazione per partire per l’Africa e, in Sicilia, cominciò ad addestrare i reduci di Canne ed i nuovi volontari (i suoi sostenitori politici) ai suoi schemi tattici, che erano la base di tutte le sue vittorie. Intanto i Cartaginesi avevano messo insieme un poderoso esercito di 30.000 fanti e 3.000 cavalieri guidati da Asdrubale (che non era il fratello di Annibale, bensì un altro generale con lo stesso nome) ed il re dei Numidi, Siface, stava risalendo il fiume Bagradas con 50.000 fanti e 10.000 cavalieri. I due alleati si sistemarono a circa 12km dal campo romano (vicino ad Utica) e, dopo una serie di falliti trattati di pace, Scipione attaccò gli accampamenti nemici riportando una grande vittoria. Dopo questi successi, Scipione pose il campo romano a Tunisi, minacciando d’assedio direttamente Cartagine che però, con le sue alte mura, restava comunque un baluardo difficile da espugnare. Nonostante questo il governo cartaginese fu costretto a richiamare in patria Annibale per difendere la città con il suo esercito. Una volta tornato in Africa l’esercito si mise a marciare verso Scipione. Annibale aveva un’armata più forte numericamente ma, togliendo i 15.000 veterani (i soldati più forti di cui l’esercito cartaginese disponeva) portati con sé dall’Italia, qualitativamente inferiore. I Romani, fiduciosi delle proprie qualità e di quelle del proprio comandante, incontrarono il nemico a Naraggara (Sidi Youssef), pianura a circa 15km da Zama. L’esercito di Annibale era composto dai mercenari africani, i guerrieri africani reclutati nell’esercito di Annibale; i mercenari della Gallia (l’odierna Francia) ed i famosi “veterani”, ovvero le truppe equipaggiate con le armi e le armature rubate in battaglia ai romani. A Zama però, i veterani avevano un equipaggiamento specifico. Come armi avevano: la lonche, una lancia corta di origine africana che poteva anche essere scagliata; una spada di origine spagnola molto affilata che veniva usata soprattutto di punta e uno scudo oblungo, probabilmente sottratto precedentemente ad un romano e ridipinto con le classiche icone cartaginesi. L’armatura era molto particolare: come copertura principale indossavano una linothorax, un’armatura di tipo ellenistico che, come dice il nome, era composta da più strati di lino (12, per la precisione) incollati con colla animale e impermeabilizzati con uno strato di gesso. Nonostante fosse letteralmente fatta di stoffa la linothorax era molto robusta contro le armi dell’epoca ed aveva il vantaggio di essere molto leggera. Sotto l’armatura c’era una leggera tunica a maniche corte color porpora. Il mantello era un semplicissimo sagum, un rettangolo di stoffa usato dai guerrieri per avvolgersi e rimanere al caldo di sera ed era agganciato al soldato attraverso la fibula, un altro elemento ellenistico. L’elmo, principalmente in bronzo, aveva una cresta metallica ma nessuna protezione nasale. Inoltre, dato che i Cartaginesi sono stati il popolo più amante di gioielli della storia, era probabile che i veterani portassero qualche bracciale, delle collane, ecc. Adesso però, cominciamo con la vera e propria battaglia. Lo scontro, come aveva previsto Scipione, cominciò con la carica degli elefanti. Quando i pachidermi furono abbastanza vicini vennero in parte spaventati e ri-direzionati verso le file cartaginesi, disordinando la cavalleria, e in parte fatti entrare nei “corridoi” creati da Scipione per eliminare gli animali. Una volta allontanati gli elefanti, la cavalleria romana, approfittando della debolezza di quella cartaginese, la travolse e dopo una breve mischia, partì all’inseguimento di essa. Scipione però non poteva sapere che Annibale aveva ordinato ai suoi cavalieri di fuggire apposta per tirarsi dietro quelli romani ed allontanarli dalla battaglia. Così iniziò lo scontro di fanteria. Qui Scipione era convinto di poter battere Annibale con la superiorità qualitativa del suo esercito. Gli hastati ed i principes si scontrarono con le linee dei mercenari mentre i veterani rimanevano fermi. Ne risultò una mischia disordinata dove i legionari, meglio coordinati, riuscirono a vincere mettendo in fuga i mercenari africani. Il problema dei romani era che le stanche legioni di hastati se la dovettero vedere con i veterani, ancora freschi. Questo si tradusse in uno scontro dalle sorti incerte dove però i cartaginesi sembravano vincenti. Purtroppo per Annibale, la cavalleria romana tornò appena in tempo per ribaltare le sorti della battaglia, schiacciare l’esercito di Annibale fra due fronti ed eliminarlo. Cartagine aveva perso. La vittoria decisiva alla battaglia di Zama pose fine alla seconda guerra punica (219-202 a.C.). Cartagine, la grande città di origine fenicia, che col suo impero commerciale per sessant’anni aveva conteso a Roma il predominio sul Mediterraneo occidentale, era battuta. Mezzo secolo dopo ci fu un’altra guerra punica, ma si trattò semplicemente di una vendetta definitiva. Grazie per aver letto tutto l’articolo.