Tra Natale, Pasqua, Festa dei Lavoratori, della Liberazione e della Repubblica c’è una festività significativa per insegnanti e studenti di tutte le età, in quanto occasione di ripassare una guerra che comincia a sentirsi come “lontana”: Il 4 novembre. È la
Festa nazionale dell’Unità e delle Forze Armate. Anche se non è
più proprio un giorno festivo (e infatti eccoci qua a scuola!), ricordiamo che il 4 novembre 1918 fu firmato l’Armistizio, cioè la fine della prima guerra mondiale in cui
l’Impero Austro-Ungarico riconosceva la sua sconfitta e concedeva all’Italia, tra le altre cose,
i territori di Trento e Trieste.
- Nell’arco di 4 catastrofici anni (1914-1918) le grandi potenze mondiali schierate in due forze contrapposte scatenarono una guerra che inghiottì l’intero pianeta. Per la prima volta nella storia della nostra umanità: Una Guerra Mondiale!
- Furono mobilitati 70 milioni di soldati. Le nuove tecnologie incrementarono la forza letale delle armi ma senza paragonabili miglioramenti nella difesa o nella tattica i generali fecero ricorso agli attacchi frontali di massa e fu una immensa carneficina di giovani vite senza scampo.
- Giovani uomini che avanzarono alla cieca verso scariche di mitragliatrici riassumono la barbarie della moderna Guerra di trincea. Al suo apice milioni di uomini affrontarono di petto la potenza dei cannoni e dei proiettili solo per guadagnare qualche metro in più.
- Una guerra costata 37 milioni di vittime, contando più di 16 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti e mutilati civili e militari cifra che fa della Grande guerra uno dei più sanguinosi conflitti della storia umana.
- Un conflitto che ha divorato uomini come nessun altro. Un nuovo orrore di scontri automatizzati. Per la prima volta nella storia la morte arrivò in massa. Quando le armi smisero finalmente di sparare il mondo non era più lo stesso.
- Alla fine della guerra quasi intere nazioni piansero i morti, i dispersi, e i disabili, I soldati che erano riusciti a tornare a casa erano traumatizzati. Un simile trauma collettivo distrusse l’ottimismo e portò alla creazione di una locuzione per coloro che avevano combattuto in guerra “la generazione perduta”.
- Affinché questi fatti non cadano nell’oblio e la memoria si disperderda nella nebbia di quell’epoca tumultuosa siamo qui a ricordare quegli uomini che hanno combattuto la morte e alcuni di loro lo hanno fatto anche con la poesia, trasmettendoci non solo le storie ma anche i sentimenti che nell’inferno della guerra li hanno segnati per sempre.
- Una testimonianza vivissima di quello che i soldati hanno vissuto durante la Prima guerra mondiale, ce la offre Ungaretti che a quella guerra partecipò in qualità di soldato semplice.
- Veglia
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
–
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
- La poesia inizia con la descrizione di una notte orribile, passata di fianco al cadavere di un compagno, ma invece di trincerarsi nel silenzio è come se la vista del corpo dilaniato spingesse Ungaretti a superarlo La vita trionfa, e lo fa attraverso la parola: ho scritto lettere piene d’amore, perché l’amore è l’unico modo di vincere la morte e la poesia è l’unico modo per ricostruire la vita.
- Di fronte all’orrore della morte o ci si rassegna ad essa, oppure avviene l’esatto contrario: Ungaretti ha una reazione totalmente opposta a quella del terribile spettacolo a cui assiste e invece di lasciarsi sopraffare scrive non sono mai stato tanto attaccato alla vita.
- Fratelli
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
–
Foglia appena nata
–
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
- La parola Fratelli è così fragile e quasi fuori luogo, in un contesto brutale come quello della guerra di trincea, che il poeta la paragona ad una fogliolina appena nata – con cui ha in comune, appunto, la fragilità, ma anche la volontà della vita di proseguire nonostante tutto, anche se l’aria è crivellata di colpi.
- In dormiveglia
Assisto la notte violentata
–
L’aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio
–
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia
- In questa poesia descrive un momento di sospensione, è in guerra ma il rumore lo riporta nella memoria alla sua infanzia ad Alessandria, creando una condizione di straniamento, appunto di dormiveglia, in cui è difficile distinguere cosa è reale.
- Il dormiveglia è una condizione che si può verificare in guerra, una sorta di stato di sospensione tra morte e vita, di estremo straniamento.
- Pellegrinaggio
In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba
–
Ungaretti
uomo di pena
ti basta un’illusione
per farti coraggio
–
Un riflettore
di là
mette un mare
nella nebbia
- Sulla volontà di vivere e di andare avanti, facendosi coraggio nonostante tutto, Ungaretti scrive:
sdegno e coraggio di vivere sono stati la traccia della mia vita. Volontà di vivere nonostante tutto, stringendo i pugni, nonostante il tempo, nonostante la morte.
- San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
–
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
–
Ma nel cuore
nessuna croce manca
–
È il mio cuore
il paese più straziato
- Qui troviamo una corrispondenza tra il paesaggio e l’interiorità del poeta: da una parte ci sono i poveri resti di quelle che un tempo erano case – eppure, nonostante sia rimasto in piedi solo qualche brandello, è sempre più di quel che è rimasto di tanti compagni soldati -, dall’altra c’è il suo cuore, dove mantiene vivo il ricordo di tutti i morti e che è più straziato della terra bombardata.
- Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
22. Questa è una delle poesie più famose di Ungaretti, e non a caso: infatti rende benissimo l’idea della precarietà della vita dei soldati. Scegliendo l’immagine della foglia d’autunno, pronta a cadere al minimo colpo di vento, ritrae soldati la cui vita è appesa a un filo.
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