Dal 2000 hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15mila persone, tra cui giovani fino ai 34 anni.
Da parte di chi si allontana sono forti le critiche nei confronti del Reddito di Cittadinanza. Si ritiene infatti che possa essere un buono strumento per combattere la povertà ma il suo effetto sul mercato del lavoro è “nullo”.
La situazione del lavoro ha comportato un aumento delle differenze tra Nord e Sud, crescendo dal 19% al 21% e i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro nord sono circa 3 milioni.
La crescita dell’occupazione nel primo semestre del 2019 ha interessato solo il Centro nord, cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno.
Nel caso in cui la situazione non dovesse cambiare in meglio, per quanto riguarda la fuga dei giovani dal Sud, nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro nord e del 40% nel Mezzogiorno.
Le conseguenze sul fronte economico sarebbero pesantissime: tra meno di mezzo secolo infatti, con i livelli attuali di occupazione,produttività e saldo migratorio (la percentuale di migranti che arrivano nel nostro paese), l’Italia perderà quasi un quarto della sua ricchezza, il Sud oltre un terzo.
Altro elemento di preoccupazione sollevato da Svimez (Associazione per lo SVIluppo dell’industria nel MEZzogiorno) è dato dal calo delle nascite al Sud Italia: 157 mila bambini nati nel 2019, ovvero 6 mila in meno rispetto al 2017, senza dimenticare il contributo date dalle donne straniere.
Allo stato attuale dei fatti, per il Sud si può quindi parlare ufficialmente di recessione, cioè di forte crisi economica.
Le stime del Pil (prodotto interno lordo, cioè la ricchezza di un paese) per le regioni del Mezzogiorno registrano un calo dello 0,2%, mentre quelle del Centro nord vedono un aumento pari allo 0,3%, superiore alla media nazionale del +0,2%.
Le previsioni per il 2020 non lasciano vedere molti margini di miglioramento: si parla di una crescita per il Mezzogiorno, pari allo 0,2% quando il Paese crescerebbe dello 0,6%.
L’Italia si allontana dall’Europa e il divario Nord-Sud rimane non sanato, rileva Svimez mettendo in evidenza che ad uscirne penalizzato sarà proprio il Mezzogiorno.
Alla presentazione del Rapporto Svimez era presente anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte il quale ha dichiarato: “Se riparte il Sud riparte l’Italia”. “Non è uno slogan – ha spiegato il premier -, ma un’affermazione che nasce da una consapevolezza che deve guidare l’azione di Governo”. “Nell’ultimo ventennio, ha messo in evidenza Conte, “la politica non ha investito nel Sud, con conseguenze per tutto il Paese, che ha perso competitività a livello globale.”
Anche la nostra provincia e il nostro paese risente di questa situazione: la fotografia di San Severo che viene fuori dalle indagini statistiche è davvero cupa. Infatti sono sempre meno i residenti in città, fuggono i giovani, famiglie intere vanno via e quelli che restano, invecchiano.
Più nel dettaglio, tra il 2018 e il 2019 la popolazione residente è diminuita ulteriormente passando da 53015 del 2018 a 52426 del 2019. A contribuire alla diminuzione dei residenti sono soprattutto i giovani under 30 che sempre di più abbandonano San Severo.
I dati Istat parlano chiaro: dal 2008 al 2018 hanno lasciato San Severo 1247 giovani under 30 circa il 13% della popolazione.
Infine si evidenzia che nel 2019 gli stranieri residenti risultano 1953, cioè circa il 4% della popolazione, in aumento rispetto allo scorso anno.
Si tratta di numeri che dovrebbero far riflettere in particolare i nostri politici, ma pare che la cosa non interessa a nessuno.
Fatto da :
Natascia C. di Rodi 1^ H
Caiafa Luigi 1^H
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