di STEFANIA CASULLI – Vi erano in una città un re e una regina che avevano tre figlie bellissime: le due maggiori pur leggiadre e belle, avevano una bellezza umana; ma il fascino della minore era indescrivibile. La bellezza di Psiche era tale da attirare le ire di Venere, dea della bellezza, che chiese aiuto a suo figlio Amore: gli chiese di scendere sulla Terra e colpire Psiche con una delle sue frecce e farla innamorare dell’uomo più brutto. Lui scese e colpito dalla bellezza di Psiche, sbagliò mira colpendosi lui stesso con una sua freccia. Amore, per continuare il suo amore” mortale”, portò Psiche nel suo palazzo di nascosto alla madre, senza mai far vedere il suo volto. Ogni sera al calar del sole, i due innamorati vivevano momenti di intensa passione. Ma la curiosità spinse Psiche a scoprire il volto del suo amato. Una sera, mentre Amore dormiva, prese una candela e illuminò il suo volto:  rimase folgorata dalla bellezza del suo amante, ma una goccia d’olio cadde sul viso di Amore che, svegliandosi, scappò via. Venendolo a scoprire, Venere scatenò la propria ira su Psiche sottoponendola a prove difficilissime, ma Psiche riuscì sempre a cavarsela con l’aiuto di altri dei e questo fece più arrabbiare ancora di più Venere, che sottopose la principessa ad un ultima prova: doveva scendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina una boccetta con un po’ della sua bellezza. Anche se le era stato ordinato di non aprire l’ampolla, ella lo fece e cadde in un sonno profondo. Amore corse in aiuto di Psiche, quando la trovò la risvegliò e la portò sull’Olimpo dove chiese a Zeus di aiutarli a restare per sempre uniti. La storia finisce con il loro matrimonio e una figlia di nome Voluttà. La storia di Amore e Psiche ha ispirato scrittori e artisti di tutti i tempi, ma secondo me, chi meglio ha rappresentato la loro “favola” è Antonio Canova, scultore neoclassico vissuto tra il ‘700 e l’800, che ha realizzato una grandiosa opera che rappresenta il risveglio di Psiche dopo il sonno infernale.