di Michelangelo Suma, Classe 4^ AE. – Cari lettori sportivi e non, dopo le sconvolgenti notizie diffuse dai mass media di tutto il mondo in correlazione agli ultimi avvenimenti che accadono in Iran dove, di recente, si sono registrati purtroppo degli episodi di eccessiva violenza sulle donne. Desidero puntualizzare che anche nel mondo del calcio esistono in molti Paesi delle disparità fra uomini e donne. In questo articolo citerò un episodio, che ha visto coinvolto il calcio italiano. Il 16 gennaio 2019 a Gedda, città dell’Arabia Saudita, si disputò la finale di Supercoppa italiana fra il Milan e la Juventus. La partita venne vinta dalla Juventus per 1 a 0 con il goal di Cristiano Ronaldo al 61esimo minuto. L’episodio che però sconvolse l’opinione pubblica avvenne fuori dal campo e precisamente sugli spalti. In quell’incontro le donne non poterono accedere in alcuni settori dello stadio in quanto destinati a soli uomini. Fu concesso loro di assistere alla gara negli spazi riservati alle famiglie, se accompagnate da un uomo. All’epoca l’opinione pubblica dimostrò il proprio dissenso contro questa grave ingiustizia, ma il vero problema è che in certi Paesi il calcio non è di tutti e non fa per tutti. La domanda che personalmente invito ad ogni persona a farsi è la seguente: “Perché se le società delle nostre squadre andando a disputare le finali di calcio di prestigiosi trofei in quei Paesi dove c’è maltrattamento di genere, poiché vigono soprusi relativi a mancato rispetto della dignità e del diritto alla vita, dovrebbero di conseguenza sapere che si accetta di avallare questa violazione dei diritti umani solo per ricevere dei soldi”