di Sofia Ferrigno 3E
Ogni giorno la televisione ci trasmette immagini di migranti che lasciano il loro Paese e su barconi affrontano il mare e la morte; è di qualche settimana fa la notizia di 117 persone morte vicino le coste libiche perché nessuno li ha soccorsi. Ci siamo quasi abituati a queste notizie di morte e quasi non ci scandalizziamo più, eppure una storia mi ha colpito al cuore, anzi mi ha ferito il cuore: la storia di un ragazzo di 14 anni morto nella notte del 18 aprile 2015, su un barcone naufragato, in cui hanno perso la vita altre 581 persone. Tra i tanti “naufraghi senza volto”, come li ha descritti nel suo libro Cristina Cattaneo, c’era lui. Lei è un medico legale, durante l’autopsia sul cadavere del ragazzo, ha trovato la sua pagella scolastica cucita con cura nella tasca della giacca che indossava. Il ragazzo veniva dal Mali, sperava di trovare una vita migliore se solo fosse riuscito a superare le acque del Mar Mediterraneo e aveva portato con sé l’unico pezzo di carta, per lui molto importante, che potesse dargli la chiave per un futuro migliore. Credo che questo ragazzo avesse davvero capito il senso della vita portando con sè la sua pagella, la sua più grande ricchezza, la sua “perla rara” come la chiama Cristina Cattaneo nel suo libro, ma io mi chiedo: noi occidentali abbiamo capito il senso della vita o ce lo siamo dimenticati, chiudendo gli occhi per non vedere l’orrore che si consuma vicino le nostre coste. La nostra mente, il nostro cuore, i nostri occhi si sono abituati, assuefatti alle immagini di persone disperate che cercano aiuto…e siamo diventati indifferenti. Il problema dell’immigrazione non si può risolvere solo con la solidarietà, occorrono seri provvedimenti legislativi e politici, ma la storia di questo ragazzino che sognava un futuro con la sua cara pagella, ha toccato il mio cuore e quello di tanti altri ragazzi; gli studenti di un liceo in provincia di Salerno hanno anche dedicato una lapide al giovane naufrago, per non dimenticare. E nessuno di noi deve dimenticare.