Francesca Giordano e Asia Ruocco III A- Nelle comunità virtuali il flame (“fiamma”) è un messaggio violento, volgare, ostile e provocatorio diretto alla comunità o a un individuo specifico con lo scopo di suscitare una flame war (“guerra di fiamme”), uno scambio di insulti paragonabile a una “rissa virtuale”. È considerato una manifestazione del cyberbullismo. Nel flaming non sempre si registra un intento persecutorio. A volte deriva dall’incapacità di leggere correttamente l’intenzione di un messaggio scritto, specie quando l’interazione è veloce, come nelle chat, dando vita a fraintendimenti e a situazioni di conflitto. Viene favorito dall’anonimato, dall’invisibilità dell’altro e dalla mancanza di contatto oculare. Una forma di flaming è il trolling, dove il troll interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.
Ciò che porta un utente ad assumere un comportamento provocatorio e disinibito online sono una serie di fattori. Secondo gli esperti, la scelta di restare anonimi, che molti blog consentono agli utenti aumenta il senso di sicurezza, e questo porta a insultare pesantemente altre persone online, creando così tanti “leoni da tastiera”. Anche l’assenza di un confronto immediato influisce sul comportamento dei flamers. Infatti, a differenza di uno scambio verbale, fra un messaggio e l’altro potrebbero passare diversi minuti o addirittura ore. Inoltre, l’essere da soli e il non doversi confrontare con una persona in carne e ossa alimenta la noncuranza dei flamers.