Secondo alcuni studiosi la festa di Ognissanti, collegata a quella dei defunti, deriva direttamente dal rito celtico di Samhain.
Durante la veglia funebre si dipingevano i teschi e si trascorreva la notte bevendo, suonando e cantando. Questa celebrazione rappresentava la speranza di non soccombere alle sventure ,alle malattie e alla morte stessa. Un ricordo di quelle veglie si ritrova oggi nella notte di Halloween, celebrando l’origine nei paesi anglosassoni e negli Stati Uniti, durante la quale i ragazzi si travestono, mimando il ritorno dei trapassati sulla Terra.
Fu solo circa alla metà del IX secolo d.C. che la ricorrenza di Ognissanti, istituzionalizzata ufficialmente come rito cristiano.
Dal tempo delle offerte agli dei sino ai giorni nostri, il cibo, nel segno della continuità, rimane come legame tra il mondo dei viventi e quello degli spiriti, tra la materia e l’anima.
In questa occasione le diverse aree geografiche della penisola sono accomunate dall’uso dei legumi, fave e ceci in particolare, come probabile prosecuzione di riti risalenti all’antichità.
I Romani consideravano le fave sacre ai morti e ritenevano che ne contenessero le anime. Questa consuetudine proseguì sino al X secolo, quando le fave divennero cibo di precetto nei monasteri durante le veglie di preghiera per la Commemorazione dei Defunti.
Anche i ceci vengono associati sin da tempi remoti al mondo ultraterreno. Nell’antica Grecia, durante le feste di fine inverno in onore di Dioniso, si cuocevano grandi pentole di civaie (ceci, fave, fagioli e altri semi) che venivano poi esposte sugli altari e offerte alle anime dei trapassati, affinché si rifocillassero prima di intraprendere il lungo viaggio di ritorno nell’aldilà.
Altre consuetudini si esprimono con la preparazione di dolci e con l’uso del frumento come dono rituale, dal “Pane dei morti” diffuso in tutto il nord Italia, ai Cicci cotti, “grano dei morti” (la colva in Salento) della Puglia, possibile prosecuzione dei riti greci di offerta a Demetra, dea delle messi, per assicurare il raccolto futuro.
Altre occasioni di legami affettivi con il mondo ultraterreno venivano offerte nel passato ai bambini: in Puglia si era soliti appendere al bordo dei letti delle calze, chiamate “cavezette di murte” , che durante la notte venivano riempite di dolci. In Sicilia la Celebrazione dei Defunti era una vera e propria festa dedicata ai piccoli, citata anche da Giovanni Verga nella sua novella, “La Festa dei Morti.”
Anche l’uso della zucca, tipico prodotto autunnale, ha tradizioni antiche e consolidate in diverse parti della penisola, dove ad Ognissanti può essere lasciata piena di vino per i defunti o utilizzata come lanterna per favorire il ritorno dei trapassati nell’aldilà.
In Puglia, ad Orsara, la festa viene chiamata Fucacoste e Cocce priatorje (falò e teste del purgatorio): si decorano le zucche e si accendono falò di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro braci; gli avanzi, da lasciare disposti agli angoli delle strade, vengono riservati ai defunti.
Alessia L.- Enola Iannone1^H