di Pietro Condotta (classe 3^A) –
Esimio scrittore Giacomo Papi,
Le scrivo per esprimere la mia forse “superflua” ma onesta opinione sul libro “La Compagnia dell’Acqua”. “La compagnia dell’Acqua” è davvero un bel libro, non c’è che dire, ma sono convinto che alcune parti potevano essere scritte con più chiarezza. Spero vivamente che non fraintenda, non sono uno scrittore e da lei posso solo apprendere, ma ci terrei ugualmente a dirle che cosa penso. Dopo un’azzeccatissima citazione di Shakespeare, il libro ci catapulta immediatamente nel Sottomondo (così chiamato nel prologo), uno scenario buio e deprimente, dove non mancano descrizioni brevi ma significative, che danno subito un’idea di come sono fatti quei personaggi ancora avvolti nel mistero e quell’ambiente ancor più bizzarro e singolare di cui, nel primo capitolo, possiamo solo farci un’idea basandoci su una singola parola: “Malamorte”.
Introdurre il lettore in una storia immergendolo nelle prime righe (o in questo caso nel primo capitolo) senza spiegare nulla e mantendendo un alone di mistero è, a parer mio, un metodo molto efficiente. Infatti sono stato subito catturato dal libro, che mi invogliava a proseguire nella lettura. Nelle pagine seguenti viene presentato il personaggio principale, Otto, e l’ambientazione principale, dove si svolgerà tutta la storia, Milano. Nei successivi capitoli si alterneranno il racconto della vita di studente di Otto e la situazione distastrata del Sottomondo, fino a quando le due vicende non si incroceranno, diventando un’unica storia. Trovo che questa parte abbia un solo difetto: la lunghezza. Mi spiego meglio, Lei ha arricchito i capitoli del Sottomondo con descrizioni o passaggi che, a volte, sembrano forzatamente ideate per temporeggiare ma, a parte ciò, il resto di questa narrazione è abbastanza interessante e da una svolta alla trama in maniera lenta ma cruciale.
Ho parlato della prima parte del libro, ma trovo che la successiva sia quella che risplende sopra tutte le altre: l’arrivo di Otto al Sottomondo. Se non si fosse ancora capito, questa è la parte del libro che preferisco, forse per “le tende di quel sipario enigmatico “a cui siamo stati introdotti nel primo capitolo che si aprono dopo una lunga attesa, rivelando lo spettacolo in tutto il suo splendore, forse è la peculiare introduzione agli squasc (ehc onos arocna I igganosrep ìup icitapmis!) e della loro celebre parlata al contrario, magari sono le due storie che ho menzionato in precedenza che si fondono mutando in una trama “che si prende il suo tempo” ma che sfrutta ogni singolo attimo, trasformando comuni racconti di quotidianità in storie speciali !
Questa qui, a parer mio, è la “porzione” di libro che Le è riuscita meglio, anche se forse è più una questione di trama che di scrittura, se capisce cosa intendo! Da qui in poi, parlando del libro, è tutto perfettamente “liscio”: la storia prosegue senza troppi intoppi, il carattere di alcuni personaggi che prima potevano stare antipatici cambia radicalmente e tutto ciò che prima pareva senza senso poi assumerà un volto completamente diverso agli occhi del lettore.
Sono giunto alla parte conclusiva e , dato che ho già esposto tutto ciò che considero bello, ora devo solo dire ciò che ho trovato “brutto”. Nulla di tremendamente importante, due cosucce di numero: – il finale, o meglio, non il finale in sè, ma il modo in cui è scritto; esso infatti differisce molto dal modo in cui è scritto il resto e risulta secondo me più confuso, tanto che ho dovuto rileggerlo molteplici volte per capirlo! – il rapporto tra il protagonista Otto e Margherita, perchè viene menzionato all’inizio ma non si ripresenta fino alla conclusione; sembra come se all’inizio Lei avesse pensato di introdurre Margherita nell’effettiva trama, ma che poi avesse rinunciato. Tutto sommato non posso fargliene una colpa, una modifica in corso d’opera è accettabile…
Ecco qui, ho concluso. Spero vivamente che abbia apprezzato questa modesta critica e che scriva altri libri sempre con la stessa fantasia e bravura!
Distinti Saluti
Pietro