di ROSSELLA LOMBARDO– Puntata del programma “Le Iene” del 10 Marzo 2019: servizio sulla scarcerazione di un giovane, detenuto per 12 anni in carcere, finalmente libero. E lo riconosco subito. Era stato mio alunno nella Casa Circondariale di Trapani, 10 anni prima. Frequentava il 2^ anno dell’Istituto Tecnico Commerciale “Sciascia “nella sezione dell’Alta Sicurezza. Era una classe particolare, costituita da “vecchi volponi “, uomini navigati: fra loro, Vincenzo Bommarito, un giovane, il più giovane fra loro, 22 anni appena, triste, deluso, arrabbiato con la vita, curioso, desideroso di apprendere, mai rassegnato a quel percorso che non gli apparteneva. Voleva approfittare di quella forzata permanenza per studiare, per imparare, per tenersi impegnato a non pensare, anche se, ricordo che, qualche volta, si assentava perché non aveva voglia di incontrare nessuno. A tratti si apriva ed esternava la sua rabbia, la sua amarezza: lui non era quello che dipingeva la magistratura, un omicida che aveva rapito e provocato la morte di un imprenditore, buttato a morire di freddo e di fame in una cisterna, poco distante dalla sua casa, lui era un ragazzo che voleva portare avanti con sacrificio e dedizione l’attività agricola della famiglia. Ma la cronaca non interessa: quel che fa tristezza è che molto spesso si emettono sentenze guardando e riguardando le carte che, peraltro, non sempre indicano certezze. Io ho guardato e riguardato quegli occhi che dicevano tutt’altro ed emettevano onde radio di” innocenza”. E così il giovane Vincenzo, definitivamente condannato all’ergastolo, è stato trasferito in Sardegna: l’ho visto in corridoio che trascinava il suo grande sacco nero per affrontare l’altrettanto buco nero che chissà dove lo avrebbe portato, sicuramente lontano dalla sua famiglia che, puntualmente, ogni settimana, lo andava a trovare, quando era a Trapani, per sostenerlo, per infondergli quel coraggio di cui un ragazzo ha bisogno per affrontare la sua vita. Per fortuna, un nuovo bravo avvocato, un donna, non demordendo, ha fatto riaprire il processo, interrompendo, dopo 12 lunghi anni, una catena di dolori e ansie. Questo ragazzo ha dimostrato che il mondo non è fatto di eroi, ma di uomini normali, tranquilli, non particolarmente coraggiosi, ma con una grande dignità propria e che credono ancora, fermamente, nella libertà: ha dimostrato che l’uomo non deve mollare mai per le cose in cui crede, così soltanto sarà da esempio agli altri. Questa è la vera forza, silente, pervicace, interiore.L’auspicio è che, come diceva il buon Beccaria, il reo non cessi mai di essere persona per divenire nelle mani della giustizia una cosa.