di Michael De Pandis – Viviamo in un’epoca affascinante e allo stesso tempo inquietante perché mai come adesso il futuro della terra è nelle nostre mani; ciò che avrà luogo domani dipenderà in buona parte da ciò che la comunità umana farà o non farà oggi. Inquietante perché la nostra generazione è la prima ad avere il potere di distruggere in poco tempo tutto quello che proviene dal passato, compromettendo irrimediabilmente quello che potrebbe esistere nel futuro del nostro pianeta. Il genere umano dovrebbe solo migliorare ciò che è stato creato e non distruggerlo. O meglio, l’uomo crede di migliorare in modo costante il mondo secondo il suo bisogno, innalzando così in modo smisurato il suo ego. Crede di somigliare sempre più al “Superuomo”, elevandosi al di sopra della media comune in virtù delle sue doti. Doti che stanno portando la terra alla rovina. Soprattutto negli ultimi decenni, grazie a nuove e potenti tecnologie, alla sempre crescente richiesta di beni e all’aumento della popolazione mondiale, l’uomo si è comportato come un saccheggiatore. Immensi giacimenti di materie prime, la cui formazione aveva richiesto tempi geologici, sono starti esauriti nel volgere di pochi anni. E’ qui la responsabilità del dissesto idrogeologico in atto da decenni, nel dissennato disboscamento con la conseguente desertificazione e la progressiva riduzione delle aree verdi mondiali, nella diminuzione delle campagne inghiottite dalle periferie delle megalopoli, nell’insensata abitudine di tracciare strade di dubbia utilità in zone di grande valore naturalistico, nella sconsiderata emissione di sostanze inquinanti nell’ambito dell’atmosfera, del suolo e delle acque. Al giorno d’oggi è sempre più evidente che non può esistere nessun tipo di sviluppo umano, sociale ed economico, ove la base stessa dello sviluppo, e cioè la natura, venga irrazionalmente deturpata. Questo non significa che il rapporto dell’uomo nei confronti della natura debba essere di semplice contemplazione o di conservazione; la conservazione di un bene naturale, infatti, è tanto più corretta quanto più questo bene è usato; il problema sta nella correttezza di utilizzazione e gestione delle risorse, nel perseguire uno sviluppo sostenibile. Conservare la natura vuol dire anche e soprattutto prevedere il futuro, agendo sul presente, e per far ciò è indispensabile utilizzare al meglio la risorsa più promettente che Dio ci ha donato per il nostro difficile domani: il nostro cervello.