- “Un detenuto di nome Alberto, guardando un documentario su A. Einstein, ne resta affascinato. Albert diviene il suo amico immaginario, il suo confidente, l’amico sincero che non ha mai avuto, un compagno di cella a cui affidare le sue debolezze. La “relatività” del tempo gli dà la forza di resistere alla sua prigionia.[…]”
- (Da teatropubblicopugliese.it/comuni-rassegne/albert-una-vita-relativa) –
- Lo spettacolo mi è piaciuto molto: è stata bella la storia di Albert che, avendo molto tempo libero in carcere, riflette e si rende conto dell’errore che ha commesso in passato, la ragione per cui è rinchiuso in cella, l’errore che gli ha tolto la libertà. Il messaggio è questo: è un peccato che, per rendersi conto degli errori commessi, occorra pagarne le conseguenze; però purtroppo è la realtà, e molto spesso non si ha la lucidità di capire per tempo l’errore che si sta commettendo.
Samuele Degiorgio
- Lo spettacolo mi ha fatto riflettere sulla vita dietro le sbarre, su cosa subiscono i carcerati. Una frase che mi è piaciuta molto è stata: “Chi sta fuori ha tanto spazio e poco tempo, chi sta dentro ha tanto tempo e poco spazio”. Inoltre ho riflettuto sul fatto che i parenti dei carcerati debbano subire le conseguenze delle azioni dei propri familiari carcerati. Lo spettacolo mi è piaciuto tantissimo e mi piacerebbe rivederlo. Francesca Quarato
- Lo spettacolo mi ha interessata molto, sono rimasta colpita dalla presenza di alcuni personaggi come Einstein, che nello spettacolo è un punto di riferimento, con cui confidarsi e riflettere sulle proprie esperienze. Il protagonista si è pentito di ciò che ha fatto e si impegna nel voler cambiare. Cristina Bianco
- Sinceramente lo spettacolo mi è piaciuto molto, perché ha spiegato molto bene, almeno a parer mio, come sia la vita in prigione. Dico questo perché ormai molte serie tv parlano di questa vita come goliardica, ne parlano abbastanza “bene”. Invece in questo spettacolo ho colto com’è veramente la vita in carcere. L’attore che interpretava Alberto parlava di come passava il tempo, leggendo, facendo lavori a mano; oppure ogni tanto si organizzavano partite di calcio: solo che quella a cui ha partecipato non è andata a buon fine, visto che un ragazzo è stato picchiato. I poliziotti non sono intervenuti, e quindi il ragazzo le ha prese di santa ragione, fino al sangue. Secondo me Dino Parrotta, regista del monologo, è stato molto coraggioso a parlare del carcere perché è un argomento ancora tabù; invece, avendo lavorato con i carcerati, ha appreso diverse cose da vicino. Nello spettacolo Alberto ha continuato parlando della vita di suo figlio, che voleva entrare a far parte della Marina, ma visto che suo padre era in prigione, non poteva. Io sarei totalmente contrario a questa legge perché un figlio può essersi veramente vergognato del padre, tanto da non prendere la sua stessa strada; so che questi casi sono pochi, però perché togliere qualcosa ad una persona che se la merita? Detto ciò, Alberto continua dicendo che gli sarebbe mancato poco al rivedere suo figlio… solo che pochi giorni prima, quando aveva incontrato sua moglie, suo figlio non c’era, perché era morto. Se devo essere sincero, una lacrima m’è scesa… Ha raccontato anche di un detenuto a cui morì la madre, solo che non poté darle l’ultimo saluto, perché non potevano farlo uscire. Da una parte, è veramente brutto sapere che, poco prima di uscire, hai perso una delle persone a cui tieni di più. Dall’altra, secondo me è un’ingiustizia non poter salutare una persona così importante per te. A parer mio, almeno vederla sarebbe il minimo da concedere. Matteo Bianco
- Lo spettacolo mi è piaciuto perché racconta cosa si possa fare in carcere con un amico immaginario come Albert Einstein. Il protagonista parlava con Einstein e rifletteva con lui su come sia la vita. Nicola Mangini
- Ho trovato lo spettacolo molto bello: la storia del detenuto, anche se non viene raccontata nello spettacolo, fa capire comunque che lui, al di là dei crimini che ha commesso, è una brava persona, che ignora gli stereotipi della gente e fa capire come essi non siano giusti. Anche se lui ha commesso degli errori non importa, poiché ora che li ha capiti se n’è pentito. Naturalmente ora non può tornare indietro però, ogni giorno, dà la colpa a se stesso perché il figlio non può fare ciò che vuole, dato che se si ha un parente in prigione non si può entrare nella marina militare. E lui aspetta che il figlio lo venga a trovare per dargli un piccolo regalo fatto da lui: una barchetta. Purtroppo non gliela darà perché il ragazzo morirà per via di un incidente stradale. Alla fine Alberto non era cattivo: tutti possono sembrare sbagliati fuori ma bisogna conoscerli e capirli per vedere se lo sono anche dentro. Elisa Debellis
- Alberto ci ha mostrato la vera vita di un carcerato, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ci ha fatto capire quanto possono essere ingiuste le conseguenze per i parenti di un carcerato, le mancanze che ci sono ma anche la voglia di ricominciare un’altra vita. Lo spettacolo ci ha insegnato qualcosa di importante; ci ha trasmesso qualcosa che di sicuro non dimenticheremo.
Roberta Morea
- Lo spettacolo mi è piaciuto molto: parlava di un carcerato che vuole uscire dalla prigione perché capisce di aver sbagliato scegliendo una vita disonesta e sente la mancanza della libertà e della famiglia. Uno dei tanti insegnamenti che mi è arrivato è il seguente: l’onestà e la legalità non dipendono soltanto dal singolo individuo, ma su di esse influisce anche il contesto sociale in cui una persona cresce. Luca Bianco
- Lo spettacolo teatrale mi è piaciuto molto, sia per la sua comicità sia perché mi ha fatto pensare a quante storie come quella accadono quasi quotidianamente agli ex-detenuti, nel mondo in cui viviamo. L’unica cosa che non mi è piaciuta molto è stato il finale: secondo me avrebbe potuto essercene un altro, che magari ci avrebbe dato un messaggio diverso; ma del resto questo è stato uno degli spettacoli più belli che io abbia mai visto. Pietro Lippolis
- Uno dei temi che più mi ha colpito è stato che, se una persona sbaglia, purtroppo paga anche una persona cara, come è successo nello spettacolo: il figlio di Alberto, Tonino, non è potuto entrare in Marina a causa di una legge che dice che non si può. Non lo trovo corretto perché non tutte le persone sono uguali e non è detto che ognuno faccia gli stessi errori. Un altro argomento che mi è piaciuto molto è stato quello del tempo: infatti nel carcere si ha molto tempo libero (tempo che non si trova fuori); i ragazzi in carcere pensano, riflettono su molti aspetti della vita e, potendo studiare la letteratura o le scienze, si acculturano. Valentina Mastrangelo
- Lo spettacolo è stato molto bello. Si riusciva a percepire cosa stesse provando il carcerato, dal fatto che fosse preoccupato per il figlio che, a causa sua, non sarebbe potuto entrare in Marina, fino ai dialoghi immaginari tra lui e Einstein. Uno dei momenti che mi hanno colpito di più è stato quando Alberto ha iniziato a parlare di libertà: faceva riflettere su cose che normalmente sottovalutiamo. Eleonora Pinto
- Ho capito, in questa storia, come la vita di un carcerato sia difficile, cosa abbia passato, cosa abbia subìto: una vita traumatizzante, di dolore e tristezza. Lo spettacolo sinceramente mi è piaciuto ed è stato molto emozionante. All’inizio non si capiva molto quello che dicevano e quello che rappresentavano: è stato impegnativo e leggermente complicato. Però mi ha fatto riflettere molto sulla vita di un carcerato, su quanto può essere triste e dolorosa. Giorgia Gonnella
- Lo spettacolo mi è piaciuto molto, soprattutto per il suo significato. Mi ha fatto capire che stare in prigione non è bello. E che non tutti quelli che stanno dentro sono cattivi e non tutti quelli che stanno fuori sono buoni: questo è il significato che mi ha lasciato. Jennifer Laera