Di Marina Manco – classe 3 sez. G
Ci mancava solo questa, ora anche la mamma era piena di segreti, no che non lo pensasse già da tanto, ma questa era la prova. Sebbene questa fosse sì e no una lettera di un rigo e mezzo, le aveva fatto sorgere un dubbio: come faceva a sapere che sarebbe morto se è stato un incidente? E già che ci siamo, siamo sicuri che sia mai esplosa una fabbrica?
Ognuno di questi dubbi la portava ad una ricerca. Infatti aprì subito il portatile e digitò: ultima esplosione di una fabbrica a New York. L’unico risultato trovato risalì al 25 marzo 1911. La mamma le aveva mentito, ecco cosa voleva dire suo padre con: non è pulita come sembra. Ora però voleva dare una spiegazione alla sua visione di quella sera di dieci anni prima. Era convinta di aver visto davvero qualcosa e quindi si munì di mappa della città e un bel paio di scarpe da ginnastica. Ad un certo punto…buio.
“Fred, Fred…sta per esplodere, non puoi fare niente per salvarla, andiamo!!!”
E poi di nuovo la sua camera, lei buttata sul letto che non capiva cosa fosse successo, si ricordava però la frase, eccome se la ricordava e tra l’altro, Fred era il nome di suo padre. Che fosse un ricordo? In quel caso avrebbe potuto provare che era veramente esploso qualcosa, ma magari non una fabbrica, magari un treno o una macchina. Ad ogni modo questo non sminuì la sua voglia di esplorare la città fantasma che era diventata per lei. Qualche ora dopo Erika aveva cominciato a perdere le speranze, niente tracce di verde. Ad un certo punto arrivò ad una siepe, una strana siepe ed ecco di nuovo una visione:” Erik!!! Scendi presto, salta!
E poi di nuovo la siepe in faccia, questa volta era davvero frastornata e il mal di testa era di gran lunga peggiorato. Scostò la siepe e dietro trovò un inquietante treno abbandonato, fuori dalle rotaie, con un vagone ribaltato e arrugginito. Ovviamente Erika ci saltò dentro e cercò qualsiasi indizio che potesse portare ad un’esplosione. Sperava con tutto il cuore di non aver bisogno di salire sul vagone bruciato, e invece ne necessitava eccome. Era la cabina di pilotaggio. Trovò diverse cose, tra le quali uno stivale identico a quello che aveva trovato in camera di suo padre. Però, proprio quando era convinta di aver finalmente trovato la risposta che cercava le venne in mente che nonostante si fosse oggettivamente incendiato un vagone, non poteva essere la causa della morte del padre, perché in effetti come avrebbe potuto prevedere che sarebbe morto quel giorno? Mentre controllava ancora una volta la cabina, le cadde l’occhio sul cambio, per far girare il treno. Come aveva potuto vedere, il binario dove c’era il treno abbandonato era bloccato, nessuno avrebbe azionato quel cambio, eppure qualcuno l’aveva fatto, anche per sbaglio. Tornando allo scarponcino, Erika l’aveva già visto. Ad un certo punto, un altro flash
:” Tu lo sapevi, perché non l’hai fermato?” “Perché voleva salvare sua figlia!” “BANG!”
:” Mio Dio, il cambio”
Poi ancora una volta si era ritrovata nella realtà. Qualcuno aveva litigato e azionato il cambio per sbaglio. Erika lo sapeva. La voce però era familiare, sembrava sua madre. E all’improvviso le venne un lampo di genio. Si ricordò finalmente dove aveva visto gli stivaletti: nella foto con suo padre e il suo…amico Erik. Le scarpe non erano di suo padre, ma del suo amico, la mamma le aveva mentito ancora. Il papà ed Erik lavoravano insieme. Anche Erik era morto, subito dopo la morte di Fred. Era morta anche sua nonna, anche lei subito dopo. Si era già salvata una volta dal tumore, e qualche giorno dopo la morte di Fred si era improvvisamente ripresentato. In realtà la ragazza aveva notato che molte persone non ce l’avevano fatta dopo l’esplosione e la morte di Fred e qualche suo collega. Fece un’accurata revisione di tutte le persone a lei più vicine che avevano perso qualcuno di importante. Tutte morti avvenute dopo l’otto luglio di qualche anno prima. Ma la cosa più strana fu che erano tutti decessi successi dopo una malattia o un primo incidente andato bene. Per esempio Erik morì dopo un primo incidente che gli andò bene, e cioè quello in macchina con Erika, e il secondo, quello dove morì fu quello che gli andò male, cioè l’incidente su quel treno. Oppure la malattia di sua nonna, ripresentatasi per la seconda volta dopo il decesso del padre. Sinceramente per la ragazza tutto ciò non aveva assolutamente senso. Era impossibile che suo padre salvasse ogni singola persona in città o al mondo, davvero impossibile. Infatti l’esplosione di cui le raccontava la mamma era avvenuta lo stesso giorno dell’incidente d’auto, come avrebbe potuto averla salvata lui? Più grande della fortuna c’era solo il fato, ecco cosa salvò Erika, il destino. Tornata a casa vide una stana polvere sulla maniglia della porta. Una polvere luccicante. Quando aprì la porta, vide come una sfera, una sfera rotta, dalla quale usciva la stessa polvere che c’era sulla maniglia. Ne toccò un po’ e all’improvviso di nuovo silenzio. Stavolta però il panorama era davvero inquietante: davanti a lei c’era una fabbrica, ridotta praticamente in cenere. Chissà se… o almeno era quello che si chiedeva la ragazza, non appena si ricordò di avere la foto in tasca. Lei si trovava di fronte alle finestre alle quali il padre dava le spalle nella foto e beh, il paesaggio era lo stesso, forse la madre non le aveva mentito proprio su tutto. Ma ad ogni modo, come aveva fatto a trovarsi qui? Neanche il tempo di pensarci che si ritrovò di nuovo in cucina. Sta volta la visione era stata diversa, lei era davvero lì, non stava solo ascoltando. Davanti a sé trovò la mamma, stranamente pronta a darle spiegazioni, ma solo perché non era lucida al massimo. Si sedettero al tavolo e lei le disse che quello era una specie di portale magico, che le aveva lasciato suo padre per andare a trovarlo a lavoro, che a quanto pareva era una fabbrica sul serio. IL padre proteggeva solo le persone a lui più care. Le aveva anche detto che mentre apriva la porta, le si era rotta la sfera e quindi la polvere che ne rimaneva era valida solo per una corsa e per soli tre minuti. Insomma il viaggio l’avevano sprecato entrambe. Tornata lucida, la mamma si pentì di ogni cosa detta. Erika ne rimase sconvolta, però in effetti aveva senso, forse davvero suo padre aiutava le persone a vivere. A questo punto però, se la fabbrica esplose lo stesso giorno dell’incidente, come avrebbe dovuto fare per salvarla? Ad un certo punto ad Erika venne in mente una cosa, era così agitata che nel leggere la lettera non si era accorta che c’era scritto qualcosa anche sul retro che diceva:” Avrai visioni, flashback, tutti dovuti al mio ricordo e al potere che quasi certamente avrai, scoprirai delle cose e forse altre no. Devi sapere che tua madre non ha mai voluto che ti spiegassi niente, ma è mio dovere dirti che io lavoro qui, in questa meravigliosa fabbrica, a salvare le persone a cui tengo. Mi ricordo che ho scoperto questo posto salvando tua madre, che al tempo neanche conoscevo, da un incidente. Era in mezzo alla strada e non aveva visto delle auto che passavano, l’ho salvata e il giorno dopo mi sono ritrovato una sfera in valigia. Per quanto riguarda te e l’incidente…”
No, impossibile. Proprio quando stava per svelarle la verità. Erika si fermò un attimo a riflettere: la sua vita è sempre stata basata su un segreto. Però questa lettera le aveva fatto venire come un’idea: forse la mamma ha sempre odiato il pensiero di dirle della morte di Fred perché si sentiva perennemente in colpa per essere stata salvata quel giorno e averli fatto scoprire il lavoro che l’ha condannato.
Così Erika decise finalmente di parlare delle visioni con la madre. La quale in realtà fu colta di sorpresa. Solo una fu in grado di spiegargliela: il cambio.
Sia lei che Erik erano sul treno per New York quel giorno ed era la prima volta che la madre vedeva il collega di Fred dopo l’esplosione. Si fece prendere dall’ira, lo spinse contro il cambio. Lei si era salvata saltando ma lui no. Prima di morire Erik le disse che il giorno dell’incidente di Erika, le aveva messo il biglietto del padre nella tasca, che quando le era saltato addosso per proteggerla ne aveva approfittato per darglielo. Le spiegò che non aveva fatto in tempo a finire di scriverlo e,inoltre, aveva dato una missione ad Erik. Poi vuoto, si era ricucita la bocca e stavolta era impassibile. Erika scese di casa, doveva incontrare alcuni suoi amici, quando le cadde la foto dal giubbotto. Nella foto si scorgeva anche un tavolo, sul quale erano poggiati dei fogli ed una penna. Erika aveva subito pensato che il padre l’avesse usata per scrivere la lettera, magari la foto risaliva alla mattina prima dell’incidente. Da quando aveva quasi scoperto la verità, guardava tutto in modo diverso, compresa la foto. La guardava come se ogni dettaglio c’entrasse con il giorno in cui morì suo padre. Fu questione di qualche secondo, quando alzò gli occhi dalla foto per guardare un bambino per strada che stava per essere investito. Ci si gettò sopra spingendolo con tutta la forza e la velocità possibili e naturalmente ebbe un’altra visione: “Sta per esplodere Fred, abbiamo perso il controllo, non ce la farai a salvarla dall’incidente, morirai anche tu” “E’ mia figlia, che dovrei fare? Lasciarla lì? Le ho scritto un lettera, l’ho messa nel pantalone di Erik, lui gliela darà, l’importante è che io la salvi. Ora andate, presto!!!”
E come di routine si ritrovò sull’altra parte della strada con il bambino in braccio, le ci volle un po’ di tempo per realizzare l’accaduto e quando si rese conto che suo padre aveva sacrificato la sua vita per salvarla, persone di ogni età le stavano attorno, applaudendola e ringraziandola. Tornò a casa stremata, anche perché realizzò di aver appena capito il vero significato della dedica nel libro. Fu solo quando si lanciò sul letto che si ricordò di una strana cosa: in quel bambino aveva visto gli occhi di suo padre.