Di Marina Manco – classe 3 sez. G
GLI OCCHI DI SUO PADRE
Era appena iniziata una nuova settimana del mese più bello per Erika, lunedì 8 luglio. Il motivo per cui fosse così amato dalla ragazza, non era particolarmente originale, però era qualcosa che porta questa ragione a distinguersi da quella delle altre amiche. Beh, non semplicemente perché è consolatorio staccarsi dalla vita di ogni giorno e cominciare a variare, ma perché quel lunedì sarebbe stato il compleanno di suo padre, se non fosse purtroppo morto. Non di malattia, non di incidente, o meglio, non in un normale incidente. La mamma le diceva che fosse morto in un’esplosione, ma non ha mai approfondito. Erika e sua madre sono sempre state in strani rapporti il giorno del compleanno dell’adorato padre, questo perché la mamma era eccessivamente arrabbiata, come se non avesse ancora superato quel dolore. Comunque, tornando a Erika, il suo risveglio non fu decisamente il migliore: si svegliò a causa della suoneria di quel maledetto telefono che si scordava in continuazione di spegnere. Inoltre si era anche addormentata con un libro sul viso, il libro che leggeva ogni notte prima del compleanno del padre, perché gliel’aveva lasciato lui. C’era una specie di dedica sulla copertina, che diceva: “..avvicinati di un passo alla morte per scoprire la verità della vita”. Erika l’aveva interpretato sempre a suo modo e pensava significasse che bisogna soffrire per capire cos’è la vera felicità. Ad ogni modo non aveva mai chiesto alla mamma cosa volesse dire secondo lei, la dedica era per sua figlia, non per lei, o almeno era quello che sosteneva la ragazza. Riguardo alla suoneria era il timer del forno, che lei impostava sul telefono. Qualche minuto dopo decise finalmente di alzarsi dal letto, convinta che quella stridula canzoncina fosse la sveglia e non si è molto lucidi la mattina alle 8.00 appena svegli. Di certo lei non lo era abbastanza da distinguere le due suonerie. Si accorse che era il forno a chiamarla, in tutti i sensi, quando cominciò a sentire puzza di fumo, sì, tipica storia. La mamma aveva infornato la torta quella mattina prestissimo, e come tutte le mattine del compleanno del marito, lei non c’era. Scompariva ogni volta e se solo Erika provava a chiederle perché o dove andasse lei cambiava discorso. Comunque per la torta non c’era possibilità e Erika dovette infornarne un’altra. Aspettando la madre, la ragazza decise di entrare nella ex-camera di suo padre, camera in cui le era sempre stato vietato di accedere, ovviamente. Ma Erika ne aveva fin sopra i capelli di tutti questi divieti, aveva bisogno di risposte, risposte necessarie, e se non le poteva ricevere da sua madre, tanto vale trovarsele da sola. In realtà per Erika tutto ciò non aveva senso, cosa c’era di così oscuro nella morte del padre che la mamma non le potesse rivelare? Da una parte però le piaceva che la sua vita fosse legata così strettamente ad un mistero, che lei avrebbe risolto, potete contarci. Parlando di Erika, si era intrufolata nella camera da letto del padre, ed era sicura che avrebbe trovato qualcosa. La “caccia al tesoro” cominciò dal letto, lo disfò, cercò sotto le lenzuola, il materasso e anche nella federa del cuscino, ma non trovò nulla. In seguito cercò nel comò beige sotto lo specchio, aprì tutti i cassetti, ma trovò solo vecchie camicie e una felpa, una felpa da donna, una sua felpa, di quando era più piccola. Decise di portare la felpa in camera sua dopo aver perlustrato meglio la zona. Si guardò allo specchio, era abbastanza fiera di aver trovato qualcosa che appartenesse al padre, ma non era completamente soddisfatta. Mentre si specchiava, però, scorse come una fessura nel muro, una parte rovinata come da un artiglio, un graffio profondo in quella lastra di stucco. Naturalmente Erika non era il tipo di ragazza che tiene a posto le mani e si fa i fatti suoi, come potete immaginare, si lanciò sul muro e iniziò subito a mettere le mani in quell’apertura. Era davvero strettissima e la sua mano non riusciva ad andare più di tanto in profondità. Si catapultò in cucina, un’altra volta il timer del forno. Questa volta però era pronta e ritta in piedi, non avrebbe bruciato nulla. Ci sarebbe stato tempo per cercare, erano le 10.00 di mattina e la mamma non tornava prima delle 13.00. Presine da forno alla mano e torta sfornata, stuzzicadenti e via. Con lo stecchino cercò di assicurarsi che la torta fosse pronta, ma lei stava pensando a tutt’altro, infatti le venne un’idea: avrebbe usato lo stecchino per cercare dentro la fessura e vedere se trovava qualcosa. Come volevasi dimostrare, l’attimo dopo era già in camera a cercare indizi nell’apertura del muro. Si munì anche di una torcia e quando pensava che non sarebbe riuscita a trovare niente, vide qualcosa stuzzicarle l’occhio. L’unico problema era che lo stuzzicadenti era troppo corto e non riusciva a raggiungere l’oggetto. Così ritornò in cucina, e cercò in una busta della spazzatura uno stecchino di un gelato. Una scena parecchio da ridere ammetto. Comunque dopo averlo trovato ritornò per la terza volta nella stanza e neanche questa volta riuscì a recuperare il… foglio di carta?! A quanto pare sì, e lo stecco del gelato era troppo sottile per recuperarlo. Indovinate il seguito della storia? Ebbene sì, di nuovo in cucina, questa volta alle prese con un cassetto sotto la televisione, in cerca di un rotolo di scotch trasparente. Una volta tornata, attaccò un pezzetto di esso sullo stecchino (sì, davvero ingegnosa) e provò ancora una volta a recuperare il foglietto. Finalmente riuscì a farlo uscire da lì, scoprendo che l’oggetto misterioso era un foto. La foto inquadrava due individui in una fabbrica, sembrava inverno, dato che oltre la finestra sembrava nevicasse. Uno dei due Erika lo riconosceva benissimo, era suo padre, il secondo, invece gli ricordava qualcuno, qualcuno che era in macchina con lei la sera dell’incidente d’auto, Erik: era appunto tardi quel giorno d’estate e l’Erika di dieci anni che era in macchina era davvero tranquilla, quando a un certo punto, videro sbucare da un angolo una macchina, con una donna alla guida. All’improvviso, buio. E poi verde, tantissimo verde, come in un mondo incantato, ma la cosa più bella era che lì, accanto a lei c’era anche suo padre. Quella fu l’ultima volta che lo vide.
In realtà c’era qualcosa nella foto che le ricordava il panorama che aveva visto dopo l’incidente. Era quasi lo stesso, quello che si vedeva oltre le finestre dell’ufficio. Si rifiutava di credere che la sua visione fosse frutto del coma, anche perché avrebbe dovuto scordarselo al risveglio. Comunque cercò di “scannerizzare” la foto con gli occhi, ma oltre a quel piccolo dubbio, non aveva notato niente di sospetto. Erika proseguì comunque con la sua esplorazione, anche la scarpiera non aveva scampo. Era tutta vuota se non fosse per un solo stivale, uno stivale che aveva già visto ma del quale non ricordava la provenienza. Nel frattempo, la mamma era tornata e nel girarsi, Erika l’aveva intercettata. Era troppo tardi per nascondersi e quindi decise di affrontare ad uno ad uno i suoi draghi. La mamma la stava aspettando come un cane da guardia fuori dalla cucina, subito pronta ad aggredirla. Esigeva risposte. Fortunatamente Erika era pronta a sfoderare l’asso nella manica, iniziando lei con le domande, in primis della scarpa. La mamma aveva un volto troppo stanco e per quanto volesse rimproverarla, non lo fece. Anzi, rispose: la scarpa apparteneva a suo padre. Le spiegò che un giorno di lavoro, non si ricordava perché, aveva bisogno del ricambio per le scarpe, ma che ne aveva scordata una. Erika non era particolarmente soddisfatta della risposta, ma almeno era un pezzo in più. Tornata in camera, Erika si provò la felpa di quando era piccola, e ovviamente non le andava più. Se la stava per togliere, quando notò che qualcosa era caduto da essa: una lettera del padre. La lettere diceva:” Cara Erika, se stai leggendo questa lettera significa che sono morto. Sarà difficile capire ciò che è successo, e voglio solo dirti che ti voglio un mondo di bene, un giorno saprai tutto. Ps: la mamma non è pulita come sembra.”