Di La Redazione-
Il 22 gennaio 1990 moriva Giorgio Caproni, finissimo critico letterario, ottimo traduttore e soprattutto uno dei più grandi poeti del Novecento.
Ha tradotto opere di Marcel Proust (La recherche) e di Louis-Ferdinand Céline (Morte a credito) e poesie di poeti come Paul Verlaine, Guillaume Apollinaire e Charles Baudelaire, alcune delle quali, con altre traduzioni dallo spagnolo, sono state pubblicate dopo la sua morte nel Quaderno di traduzioni (Torino, Einaudi, 1998).
Caproni ha scritto anche numerose opere in prosa tra cui ricordiamo:
Giorni aperti (un diario di guerra);
Il gelo della mattina,racconti; Il labirinto.
La sua fama è comunque legata soprattutto alla sua opera poetica.
Carlo Bo, uno dei suoi primi critici, lo definì il “
Poeta del sole, della luce e del mare”. Ricordiamo: Il passaggio di Enea;
Come un’allegoria, Ballo a Fontanigorda e Finzioni, che formano una sorta di trilogia della giovinezza, popolata di volti femminili, feste paesane, musiche, balli, profumi, osterie;
Cronistoria, dedicata a Olga, la fidanzata morta prematuramente;
Stanze della funicolare; Il seme del piangere;
Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, 1965; Il “
Terzo libro” e altre cose, 1968;
Il muro della terra, 1975;
Il franco cacciatore, 1982;
Il conte di Kevenhüller, 1986 e il volume complessivo Poesie.
Una nuova raccolta di poesie, in parte già preparata dall’autore, è uscita postuma a cura di G. Agamben
(Res amissa, 1991).
La poesia di Giorgio Caproni si caratterizza per l’immediata comunicatività, per la musicalità, la leggera ironia e una diffusa malinconia. Numerose sono le allegorie e le più frequenti sono legate a motivi come il viaggio, l’ascensione, la città, l’osteria, la caccia. I temi portanti della sua poetica sono: la madre, rievocata e ricordata in molte poesie; Genova, considerata la sua “città dell’anima”; il viaggio, un viaggio allegorico alla scoperta della vita.
Caproni paragonava il poeta al minatore, che «
dalla superficie dell’autobiografia, scava, scava fino a trovare un fondo nel proprio io che è comune a tutti gli altri».
All’esame di maturità del 2017, per l’analisi del testo nella prova di lingua italiana è stata scelta la poesia
Versicoli quasi ecologici (da
Res Amissa).
VERSICOLI QUASI ECOLOGICI |
Non uccidete il mare, |
la libellula, il vento. |
Non soffocate il lamento |
(il canto!) del lamantino. |
Il galagone, il pino: |
anche di questo è fatto |
l’uomo. E chi per profitto vile |
fulmina un pesce, un fiume, |
non fatelo cavaliere |
del lavoro. L’amore |
finisce dove finisce l’erba |
e l’acqua muore. Dove |
sparendo la foresta |
e l’aria verde, chi resta |
sospira nel sempre più vasto |
paese guasto: Come |
potrebbe tornare a essere bella |
scomparso l’uomo, la terra. |
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BIGLIETTO LASCIATO PRIMA DI NON ANDAR VIA |
Se non dovessi tornare, |
sappiate che non sono mai partito |
Il mio viaggiare |
È stato tutto un restare qua, |
dove non fui mai. |
(da Il franco cacciatore, Garzanti, 1982) |
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