La rappresaglia contro l’Iran che Donald Trump aveva annunciato dopo l’assedio all’ambasciata Usa di Baghdad ha preso corpo nel cuore della notte di giovedì, all’aeroporto della capitale. Un missile lanciato da un drone ha colpito il convoglio di due vetture che scortava il capo delle Forze speciali iraniane Qassem Soleimani. A bordo delle auto c’erano otto persone, tutte morte all’istante, incluso il comandante della Forza di mobilitazione popolare irachena conosciuto come Abu Mahdi al Mohandis, la seconda autorità del paese nella struttura della Sicurezza nazionale.
Il segretario di Stato statunitense Mike Pompeo ha detto che la missione è stata ordinata da Trump sulla base di solide prove fornite dall’intelligence statunitense, che indicavano il rischio di attacchi di grande portata contro soldati e diplomatici statunitensi nella regione. Gli Usa hanno mirato all’organizzazione militare iraniana.
Il generale Suleimani negli ultimi venti anni è stato il vero stratega della politica estera del regime di Teheran, in cerca di un agognato sbocco iraniano sul Mediterraneo.
La sua influenza arrivava fino a Washington, dove i Quds hanno tentato senza successo nel 2011 di assassinare l’ambasciatore saudita in un ristorante italiano di Georgetown. Il primo ministro iracheno Abdul Mahdi ha definito l’azione «un atto di aggressione contro il nostro paese», che viola i termini dell’accordo con il quale l’Iraq ha richiesto la permanenza dei marines sul suo territorio.
Oggi il parlamento iracheno voterà per la permanenza dei marines, mentre nelle strade della capitale si alternano dimostrazioni anti americane e cortei che festeggiano la rimozione di Suleiman. Il paese è stanco di ospitare la guerra per procura che Iran e Usa combattono da anni sul suo territorio, e spera di liberarsi dal doppio gioco con la crisi in atto. Il governo di Teheran è stato colpito in un momento di debolezza testimoniato dalle proteste di strada e dalla feroce repressione.
ALTRI RAID NELLA NOTTE Il ministro degli Esteri Javad Zarif parla di «un atto di terrorismo internazionale» e annuncia tre giorni di lutto nazionale in onore del capo caduto. Dai vertici della Guardia rivoluzionaria arriva un monito per gli Usa: «Lasciate immediatamente l’intera regione, o preparate le bare».
Una reazione militare iraniana è data per scontata anche a Washington, dove Pompeo si dice pronto ad ordinare a tutti i cittadini Usa di lasciare l’Iraq. Gli operatori internazionali degli impianti petroliferi di Bassora, hanno abbandonato le loro postazioni, mentre il prezzo del petrolio ha subito un impennata ieri in borsa.
Nella notte nuovo raid aereo Usa in Iraq contro un convoglio in cui è stato ucciso il comandante del gruppo paramilitare filo iranano Hashed Al Shaabi. Nel frattempo l’Iran scriveva una lettera all’Onu denunciando l’uccisione di Soleimani come atto di terrorismo di Stato.
I rapporti tra Iran e Usa hanno avuto immediate ripercussioni sui mercati finanziari. Il petrolio è subito balzato sopra i 70 dollari al barile di pari passo con il rincaro del greggio va quello dei cosiddetti beni rifugio a partire dall’oro che è balzato sopra la quota dei 1.500 dollari all’oncia. Ma ci sono materie che, proprio per questa ragione e in conseguenza dei venti di guerra mediorientali, stanno conoscendo in queste ore un rialzo ancora superiore all’oro. E’ il caso del palladio, che questa mattina ha superato la soglia psicologica dei 2.000 dollari per oncia: un record assoluto (2.020, per la precisione).
Ma perché il palladio è divenuto così prezioso e cosa a che vedere la sua quotazione con gli eventi iraniani? Si tratta di un metallo impiegato tradizionalmente nella gioielleria ma in tempi più recenti nelle costruzione dei motori non inquinanti , in particolare le marmitte catalitiche. I principali paesi produttori sono la Russia e il Sudafrica ma le riserve russe sono praticamente esaurite e il metallo è uno dei più rari. Ecco dunque una prima ragione che spiega la «febbre da palladio» da parte degli investitori: la domanda è superiore all’offerta e la tendenza si confermerà anche nei prossimi anni, visto che i produttori tendono a consolidare le scorte.
Investire su questo materiale significa avere ottime probabilità di guadagnare. Per il resto come sempre avviene di fronte a eventi internazionali che minacciano la stabilità del pianeta, i cosiddetti «beni rifugio» diventano immediatamente attrattivi. Ed è quanto sta avvenendo in queste ore con il palladio che a marzo valeva 1.600 dollari all’oncia per buona parte del 2019 ha mantenuto una quotazione superiore all’oro.
A. Padulo- G. Verroia- 2^I