di Teresa Scutiero terza A SSPG Don Enrico Smaldone era un sacerdote, che nacque ad Angri il 22 Novembre
del 1914 ed era il quinto di dieci figli. Grazie alla sua forza e alla sua
tenacia riuscì a creare “la Città dei Ragazzi”. Morì il 29 Gennaio del
1967
a soli 53 anni. In questa lettera parlerò dell’importanza della figura di
Don Enrico per la città di Angri.
Angri, 2 maggio 16:50
Caro Don Enrico Smaldone,
oggi sono qui, per scriverle su un pezzo di carta quello che siete stato
per la nostra città. Grazie a lei molti ragazzi hanno migliorato il loro
stile di vita e sono diventati delle persone migliori. Lei è stato una
guida per il popolo di Angri, anche se sembra quasi che la nostra città
stia andando di nuovo nelle mani della malvivenza. Purtroppo i ragazzi di
oggi non sono come quelli di ieri. I ragazzi attuali non apprezzano quello
che hanno e vogliono fare cose più grandi di loro. Dico questo perché,
secondo me, ogni cosa deve essere fatta al suo tempo e con la giusta età,
senza bruciare alcuna tappa della nostra vita. Noi viviamo in un mondo dove
l’ignoranza e la maleducazione stanno sempre di più, superando e
maltrattando l’educazione e la cultura. Io penso che la cultura si impari
anche e soprattutto dalla vita. Le sconfitte, le vittorie e le battaglie
affrontate ti insegnano che nulla è perduto quando credi e hai fede in
ciò
che fai. E lei, Don Enrico, è il perfetto esempio di cultura. Lei è una
persona che ha imparato dalla vita a cavarsela da solo, ed è riuscito a
creare un rifugio, una casa per tutti quei ragazzi la cui vita sembrava
inutile e sprecata. Questo non è da tutti. Io credo che sia un dono,
perché
non tutti hanno il coraggio di prendere in mano la propria vita e
trascinarla in salvo. Purtroppo oggi viviamo in un mondo dove nessuno vuole
avere la responsabilità di aiutare, tutti vogliono essere aiutati. Lei,
invece, si è preso il compito di ridare un futuro a ragazzi, che
considerava figli. Per lei non era né un peso né un obbligo, lo faceva
perché prima di tutto faceva stare bene gli altri, e poi perché stava
bene
con se stesso. Aiutava gli altri e lo faceva con il cuore. “Muoio sereno,
non ho paura, la vita l’ho spesa per gli altri”, queste sono le sue parole
dette al suo caro amico Don Pietro Selvino, nel momento della sua morte.
Queste parole rispecchiano benissimo il suo animo nobile è generoso. Oggi
ognuno di noi pensa a sé, l’altruismo e la fratellanza sembrano valori
ormai dimenticati. Tutti vogliono le sfide facili, anzi non le vogliono
affatto. E come si raggiunge un obiettivo senza sfide ? Non c’è
soddisfazione migliore di farcela con le proprie forze, di raggiungere un
obiettivo con coraggio, passione, lealtà e sfide. E questo è proprio
quello
che ha fatto lei, è riuscito a compiere un miracolo: quello di creare ” la
Città dei Ragazzi”; tutto grazie alla sua devozione e alla sua tenacia.
Don
Enrico, lei è un uomo forte, che non si arrende davanti alle difficoltà,
neanche le più dure; ed é proprio questo che la rappresenta. Lei ha
seguito
il suo istinto, non ha badato alle persone che le hanno detto: “No, è
tutto
sbagliato, non ce la farai mai !”. Lei non si è fatto influenzare dal
giudizio altrui, ed è questo che rende una persona uomo. Non seguiamo la
massa solo perché è più forte, distinguiamoci dalla massa ! Non
andiamo a
favore del più forte, ma andiamo dalla parte del giusto ! La presunzione,
che molti hanno, non è l’essere bravo, intelligente e acculturato. La
presunzione è paura, paura di essere giudicati per quello che si è
veramente, paura di affrontare le cose, paura di affrontare l’ignoto. Lei,
Don Enrico, é una persona unica e speciale, e ne esistono una su un
milione
di persone come lei. Potrei stare qui a scrivere per ore ed ore, ma non
basterebbe, perché lei è un uomo così importante per Angri, che non
basterebbero pagine e pagine per ringraziarla. Lei ha reso il mondo un
posto migliore, con la sua saggezza e con la sua umiltà. Lei è un grande
uomo, per quello che ha fatto e per quello che poteva ancora fare, se la
morte non lo avesse colpito. Ha lasciato un segno incancellabile nella
nostra testa e soprattutto nei nostri cuori, perché lei viveva prima di
tutto con il cuore. Questo segno non si potrà mai cancellare, perché è
scritto con l’amore che lei ci ha donato, con la fatica che ha impiegato e
con il sangue che ha versato. Spero che da lassù abbia ascoltato le mie
umili e semplici parole. La ringrazio con tutto il cuore.