Fin da quando ero una bambina piccola e innocente ho sempre trovato affascinante il mondo dei supereroi. Costumi accecanti, mantelli, monologhi che mettono in dubbio le motivazioni per cui gli eroi combattono sono tutte le cose che mi facevano, e fanno ancora, andare pazza per un film. Per questo motivo appena mi è arrivata voce di un nuovo film di Spider-Man, ho dovuto perdere qualche minuto della mia vita per chiudere gli occhi e controllare i respiri, un secondo dopo ero già su internet per scovare informazioni.
Spider-Man: into the Spider-verse racconta la storia di un ragazzo di colore, Miles Morales , che vive a New York con il padre, un poliziotto, e la madre, un’infermiera. Miles è un ragazzo prodigio, per questo per lui viene presa una decisione che non apprezza per nulla e che non ritiene neanche necessaria. Quella di cambiare scuola per trasferirsi in un collegio. Miles non è soddisfatto del cambiamento; ha problemi ad integrarsi e oltre a questo gli mancano tutti gli amici che ha dovuto abbandonare. Trovando conforto nella presenza dello zio, nella musica e nell’arte Miles cerca di attraversare questo periodo della sua vita nel modo migliore possibile. Non ha neanche la minima idea, però, che la sua vita possa ribaltarsi da un giorno all’altro, solo per un minuscolo e patetico morso di ragno. Seguiranno l’incontro con uno dei personaggi più comici nella storia del cinema, crisi di identità e lezioni di vita che la maggior parte di noi adolescenti trova futili nella nostra voglia di vivere senza paura.
La trama e la storia in sé sono state apprezzate molto dalla piccola me di undici anni, ma la ciliegina sulla torta, i fattori per cui sono eternamente e pazzamente innamorata di questa storia, sono la magnifica grafica e l’ottima scelta delle tracce della colonna sonora. Devo dire che, onestamente, avevo grandi aspettative per questo film; avendo visto il trailer, infatti, non avevo dubbi sul suo meritato futuro successo, ma nonostante, la prima volta che lo vidi, non fossi in un ambiente tanto suggestivo quanto quello di un cinema al buio, rimasi esterrefatta. Neanche era passato un secondo ed ero già stata catturata da quei colori e quei suoni che non potrò mai scordarmi. Era come una rappresentazione animata di un fumetto; e la mia mente sempre in movimento da adolescente non poteva averne abbastanza di una forma d’arte così meravigliosa e accattivante.
Nicole Lucibello / 2B Liceo Classico Galileo di Firenze