//SALVATOR MUNDI – UN RACCONTO DI FANTA-ARTE

SALVATOR MUNDI – UN RACCONTO DI FANTA-ARTE

di | 2019-12-26T12:44:25+01:00 26-12-2019 12:44|Alboscuole|0 Commenti
 

“L’arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità” (P. Picasso)

1/04/2019: mi hanno dichiarato disperso, finalmente!

Cari miei, vorrei tanto fosse uno scherzo, un pesce d’Aprile, ma davvero non lo è. Mi ha reclamato a lungo il Louvre di Parigi, perché vuole includermi nella mostra dedicata al cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, lo stesso ha fatto il Louvre di Abu Dhabi: per entrambi guadagnerei… sapete quanti quattrini? Tanti quanti gliene ho fatti spendere per comprarmi.

Io ricordo benissimo il giorno dell’asta. Erano tutti in fermento, vedevo la gente guardarmi; la loro smania di avermi mi ha consumato, logorato, quasi ucciso. E tutti, quel giorno, stavano lì: alcuni mi contemplavano, altri mi osservavano e basta, pochi mi passavano davanti indifferenti; bisbigliavano, si chiedevano chi mai avrebbe avuto i mezzi sufficienti per entrare in lizza; alcuni controllavano gli assegni in tasca, erano ansiosi di assistere alla lotta di palette e, infine, al conteggio del giudice e al decisivo “Aggiudicato!”. Alla fine il banditore ha battuto sui 450 milioni di dollari, circa.

Allora sono stato trasportato via da Christie’s, con ogni cura, a dir il vero, accompagnato da un mormorio proporzionale al valore, che ha fatto tremare la mia tela come se fosse una corda di violino, tanto che quasi stava per scapparmi il segreto. Ma, abbandonato l’ampio salone nel freddo Novembre del 2017, nessuno mi ha più visto. Ridicolo, non credete? Io, il quadro più costoso al mondo, che ad un certo punto scompaio agli occhi degli studiosi, dai musei, dalle mostre. E ne danno l’allarme solo oggi. Poco più di un anno e mezzo dopo.

Sono stato concepito dalla mente e dalla mano di Leonardo in una bottega impolverata che soffriva, come me, del carattere altalenante di mio padre. Vi erano cumuli di tele iniziate e mai finite, perché aveva sempre il gran difetto di voler migliorare qualcosa. Immaginate che insicurezza può averci trasmesso? Noi figli non eravamo mai perfetti. Camminando avanti e indietro per la bottega, avresti sicuramente calpestato una tavola di schizzi, un foglio di appunti, un taccuino di progetti, che Leonardo lasciava qua e là, anche sul pavimento, noncurante. Poi, un giorno poteva accadere che si svegliasse ed esigesse l’ordine più specchiato. Allora io e altri quadri venivamo spostati periodicamente da un angolo all’altro della stanza, perché bisognava fare ordine; gli appunti venivano raccolti e conservati e, qualora ce ne fosse l’esigenza, ripresi. Così, l’accuratezza, la minuziosità dei dettagli, l’attenzione per i particolari che tutto il repertorio artistico di Leonardo rivela, erano episodi nel mondo interiore di mio padre.

Non so quando e dove io sia stato concepito, ma ho origliato, appeso alla parete da cui mi osservavano molti studiosi, affermare che la mia data di nascita sia da far risalire al 1495 circa, nell’ambiente milanese. Mio padre era sempre in giro per l’Italia, ma io ho memoria di una sola bottega. Disordinata, ve l’ho detto: il pavimento in pietra, di notte fresca, di giorno afosa.

Il giorno 2 maggio 1519 è stata posta fine all’agonia mia e dei miei fratelli: mio padre è morto e ci son voluti parecchi giorni prima che qualcuno venisse a farci compagnia in bottega. Abbiamo celebrato quel giorno tra noi, noi quadri rimasti ancora da perfezionare. Non ci avrebbe più ritoccato, i miei boccoli sarebbero rimasti a metà lunghezza, il mio vestito femminile, le mie dita affusolate, il mio sguardo alquanto vago, la mia sfera di cristallo, non di mare e terriccio.

Ho vaghi ricordi degli anni successivi: ho sempre respirato, v’è chi sostiene, conteso tra Francia ed Inghilterra. Nei miei ricordi ci sono voci, rumori, odori. Vi chiederete cosa io abbia visto di quegli anni: nulla. Maledetto Concilio di Trento! Fu ordinato che fossi rivestito di altre ridipinture. Molte cambiarono la mia fisionomia, adeguandola a quella ufficiale stabilita dalla Chiesa. Fui munito di barba e baffi, che non mi donavano affatto. Quegli strati di pittura, estranei alla mia natura, mi offuscarono la vista ed io sono rinato solo in seguito.

Di restauri ne ho percepiti tanti, accompagnati da lunghi e numerosi studi. Molte menti mi hanno contemplato in cerca della conferma dell’attribuzione. Che io sia frutto di Leonardo lo dubitano tutti, chi più, chi meno, ma io a loro non voglio rivelar nulla. O meglio, ho qualcosa da dire, ma non riguarda la mia paternità. Non hanno fede: nonostante le diverse comparazioni operate nell’ambito del colore, dalla scala cromatica ai singoli pigmenti, con altri quadri certi di Leonardo, quali la Vergine delle Rocce e l’Ultima Cena, faticano ancora a crederci. Io sono figlio di Leonardo e la mia unica colpa è quella di essere stato concepito da un artista ormai lontano mille miglia dalla resa materialistica dell’anatomia che lo aveva caratterizzato. Ma mi vedete? Sembro dissolvermi in uno spazio indefinito, oscuro.

Se avessi potuto scegliere tra non avere vita e la popolarità, avrei sempre preferito non esistere per evitare l’angoscia padrona dell’essere di mio padre e le frequenti dicerie di cui sono oggetto.

Oggi la mia vista è di nuovo offuscata. Sapendo che destino mi attendeva, non mi sarei lamentato di qualche pennellata in più, perché oggi, a dividermi dal mondo reale e mobile, è un muro. Mentre i maggiori appassionati d’arte si disperano per la mia scomparsa, io rimango nascosto ai più, visibile solo ad uno, alla parete della villa di Al Nayhan, presidente degli Emirati Arabi. Dall’essere conteso tra Francia ed Inghilterra, sono giunto in Oriente, perché l’ultimo acquirente cui sono stato aggiudicato è il principe degli Emirati, Mohammed bin Salman. Quel giorno all’asta si è parlato molto di lui, comparso misteriosamente solo due giorni prima. I critici d’arte non sapevano spiegarsi l’interesse per me di una nazione così lontana dal genio di Leonardo. Tuttavia, all’asta questo gesto è stato interpretato come una dimostrazione di apertura al mondo occidentale. Illusi!

Ospitato così da una parete, potrei essere una cassaforte, ma quel segreto che proteggevo non esiste più. Pare che, a mia insaputa, se ne fosse impossessato un ignoto artista già prima dell’asta e che avesse involontariamente accennato qualcosa a pareti poco sorde. Questo spiegherebbe l’interesse improvviso del mondo arabo, in quel lontano 2017, da Christie’s.

Dovete sapere che del genio di Leonardo in giro per il mondo non manco solo io all’appello: è andata dispersa, molti anni prima della mia “entrata in società”, la tavola del progetto di una macchina volante, molto simile alla Vite Aerea. Questa invenzione è la mia sorella più vicina e il nostro legame, svelato da un genio di cui ignoro addirittura il nome, rimarrà indissolubile nel tempo.

Con la mano sinistra reggo da più di 500 anni una sfera di cristallo, che non divenne mai quel globo terrestre che molti studiosi avrebbero voluto. Questa sarebbe stata la parte di me che Leonardo, avendone la possibilità, avrebbe perfezionato per prima: aveva, infatti, dimenticato l’effetto della rifrazione della luce, tipico di una superficie vitrea. Non aveva, però, tralasciato di individuare le tre stelle della costellazione di Orione. Un Leonardo anche astrologo? E perché no? In fondo, voi stessi lo avete definito un genio dalle molteplici sfaccettature diamantine.

Se oggi il mio segreto è stato svelato agli Emirati, è anche merito del progetto della macchina volante. Leonardo non solo aveva spiegato che quell’invenzione avrebbe offerto un mezzo di trasporto aereo, ma aveva anche espresso chiaramente che quel progetto andava letto prestando attenzione alla mia rappresentazione. L’ingegnoso artista senza-nome, in questo modo, non solo ha avuto la certezza che fossi frutto del genio di Leonardo, ma avendo avuto la possibilità dal 2011 di studiarmi abbastanza da vicino, ha decifrato il significato di quei tre puntini bianchi sulla sfera di cristallo e, soprattutto, il messaggio più recondito di mio padre:

“COSTRUITE QUELLA MACCHINA VOLANTE, RAGGIUNGETE ORIONE, SALVATE IL MONDO!”. Per questo mi aveva battezzato Salvator Mundi, perché io e io solo conservavo lo strumento più importante per la tutela del nostro pianeta.

A furia di origliare, sto gonfiando la parete. Alcuni sussurri affermano che tenermi nascosto è la soluzione migliore per evitare che l’ingegnoso-senza-nome e i funzionari del sovrano arabo non siano i soli a sapere del segreto; espormi alle mostre di commemorazione dell’anniversario di morte di mio padre è pericoloso: potrebbero decifrarmi in tanti. Mio padre non me ne vorrà per la mia sparizione; quasi mi convinco che avesse pianificato tutto.

La moglie del sovrano era solita guardarmi, poi, raggiunta dal marito, iniziava, come in un flusso di coscienza: “State sognando, che ne poteva sapere Leonardo di Orione? Voleva solo rappresentare il suo Gesù”.

Così Leonardo aveva pianificato tutto: l’immagine di un Gesù femminile nei capelli, nel vestito, nello sguardo, nell’anatomia del corpo, avrebbe distratto gli studiosi dal significato più importante del quadro e, al tempo stesso, la sua figura mistica avrebbe incuriosito l’uomo per molti secoli a venire. Il messaggio doveva restar nascosto, finché non fosse arrivato il momento giusto. Pensar di partire alla volta delle stelle secoli fa avrebbe fatto ridere anche i polli. Ancora oggi fa quasi ridere gli arabi, che pure si apprestano a diventare la prima potenza mondiale.

2050: I visitatori mi fotografano con gli occhi. Basta che chiudano e aprano le palpebre e il gioco è fatto. Nessun flash mi danneggia. Mi hanno riservato la stanza più illuminata del museo. Una cornice d’oro massiccio pesa sui miei bordi. Mi sento onorato, quasi fossi Leonardo stesso, e spesso mi chiedo se apprezzano e per quanto ricorderanno che la loro vita, un giorno nel recente passato, è dipesa da me.

Negli ultimi dieci anni ho realizzato di essere il figlio prediletto di Leonardo. Un tale ruolo mi ha ripagato di quell’insicurezza sofferta nel periodo della mia gestazione. In questi ultimi dieci anni ho taciuto, perché vi sareste resi conto anche da soli di quanto fosse necessario raggiungere Orione. Eravamo costantemente osservati e un grande pericolo incombeva su di noi.

Aspettavano.

Aspettavano da secoli il nostro momento di maggior debolezza per conquistarci. Non avevano contemplato la possibilità di essere attaccati per primi, gli extraterrestri, che, al contrario dei terrestri, avevano sottovalutato le capacità del nemico di crescere e moltiplicarsi e progredire in campo tecnologico, senza autodistruggersi.

Ci sono altri segreti, invece, che non potrò mai rivelare, perché non è mio compito, perché mi credereste ancor meno. Ci sono certe casseforti che non potranno essere aperte, non importa quante volte tenterete la combinazione. Come Leonardo abbia saputo del piano di attacco degli extraterrestri di Orione nel 2035 deve rimanere per voi un mistero.

A Leonardo è bastato dimostrare che, con un’opera d’arte, è possibile salvare il mondo.

 

DOMINGA VALENZANO, IV B LC