di Virginia Prisciano –
Io alleno da trent’anni e non ho mai perseguito scorciatoie se non quelle del lavoro, della fatica, delle ore di allenamento in campo e in palestra.
Le parole di
Cosimo Taurisano, dirigente della
FIDAL (
Federazione Italiana Di Atletica Leggera), entrano anche al Liceo
De Giorgi di Lecce.
L’oggetto: il problema del doping nelle pratiche sportive.
Lo scopo: diffondere una cultura di salute e legalità sportiva.
Si informano i ragazzi sul doping in tutti i suoi aspetti e allo stesso tempo si contribuisce a formare una generazione che segue uno stile di vita sano e rispetta l’etica sportiva.
Di seguito, l’intervista all’esperto.
Informare i giovani sui fenomeni di dopaggio è sicuramente il primo passo nella battaglia contro il doping, dato che siamo noi i protagonisti della nuova generazione. Nonostante a quest’età possa risultare una scelta estrema, crede che questo fenomeno sia diffuso solo tra i grandi atleti e nelle grandi competizioni, o anche tra gli atleti amatoriali in occasioni di gare più leggere?
Purtroppo è giusto affermare che sempre più spesso i ragazzi adolescenti sono coinvolti inconsapevolmente nell’utilizzo di queste sostanze, che vengono somministrate magari da un allenatore troppo esigente, perché si pensa “cosa vuoi che succeda? se vuoi smetti”. Intanto vinciamo e portiamo il titolo a casa”.
I ragazzi, che sono facilmente i condizionabili alla loro età, possono essere manipolati più facilmente per utilizzare sostanze che potrebbero portare a danni irreversibili.
Quindi anche se si è giovani, è difficile smettere una volta cominciato con le pratiche dopanti?
I ragazzi che abbracciano l’amore per lo sport sono disposti a fare qualsiasi cosa, tanto più se lo dice l’allenatore. Cominciando ad usare questa o quella sostanza, si entrerebbe in un circolo vizioso perché,come accade per l’utilizzo delle droghe, c’è sempre bisogno della dose superiore, il che potrebbe portare all’assuefazione e dipendenza.
Dal punto di vista morale, il doping si discosta dall’etica sportiva. Secondo lei, quali sono gli aspetti di quest’ etica che, nel momento in cui vengono violati, porterebbero verso qualcosa che non è più sport?
Non dovrebbe essere perseguita la vittoria a tutti i costi.
E’ vero che è importante avere come obiettivo la vittoria, ma averla come unico scopo potrebbe portare alla ricerca di qualsiasi mezzo per fare il risultato. Meglio è fare attività perché fa bene, perché fa crescere in armonia con il corpo, perché può essere una valvola di sfogo. Bisogna avere l’obiettivo giusto, non esagerato, restare con i piedi per terra. Perseguire quello che è più semplice da raggiungere permette di stare bene e non deviare dalla strada, cercando poi soluzioni più facili (ma più dannose) per raggiungere quello scopo.
Dal punto di vista fisico invece abbiamo visto potrebbe recare danni irreversibili. Quindi qual è la percezione che ha l’atleta del doping? Non si rende conto del pericolo cui va incontro pur di vincere?
Purtroppo no! E’ chiaro che l’atleta ha la percezione del positivo, dell’effetto buono, che non fa altro che sviluppare l’utilizzo di queste sostanze vietate. Non riuscirà nel contempo ad avere un’analisi di quello che sta succedendo all’interno del suo corpo. Ha la percezione del positivo, e del negativo… chi lo sa?
Cosa si potrebbe fare per favorire la lotta antidoping?
Con questo progetto della Federazione, l’Italia è un passo avanti rispetto a tutti i paesi dell’Europa. In nessuna nazione c’è la volontà di entrare nelle scuole a questo proposito a contatto con i ragazzi, che è la fascia che merita maggiormente di essere messa al corrente sugli aspetti negativi; quindi sono ben fiero di dire che noi siamo avanti, per una volta! Si può fare sicuramente di più continuando a incontrare i ragazzi, parlare dei risvolti negativi e legislativi. Non è assolutamente un gioco, ma si gioca piuttosto con la vita.
Se lei incontrasse un ragazzo o una ragazza, giovane, sul punto di doparsi perché non crede nelle proprie forze, cosa direbbe per convincerlo/a a non mollare?
La cosa per la quale mi spenderei è di avere l’obiettivo giusto. Uno può pensare di utilizzare sostanze importanti solo se ha un obiettivo che è al di sopra delle sue potenzialità. Da una parte potrebbe portarlo ad avere il risultato ma il rovescio della medaglia sarebbe dannoso. In quei casi bisogna ricalibrare l’obiettivo in modo tale da riconoscere i propri limiti, centrarli, e avere bene in mente un target tarato sulle proprie possibilità e capacità.
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