Ricordo un’estate di alcuni anni fa; avevo 7/8 anni.
Mio padre è capace di fare un’infinità di cose ed è molto preciso e ordinato.
Doveva tinteggiare la zona giorno della casa e lui chiese il mio aiuto per tenermi occupato.
Devo dire che sono un po’ maldestro e perciò papà mi riprese quasi subito perché, mentre lo aiutavo a spostare i divani al centro della stanza, un piede mi rimase incastrato. “Che dolore!”
Lui incominciò a brontolare, ma continuò il suo lavoro.
Lo aiutai a stendere il cellophane sopra i divani e a coprire il mobile.
Posizionò la scala nel centro della stanza, ma mentre costruivo con un foglio di giornale un cappellino da mettere in testa, sbadatamente urtai e la scala barcollò.
Papà brontolò ancora e mi raccomandò di fare più attenzione.
Poi andò a prendere il secchio di vernice e i pennelli.
Avrei voluto aiutarlo, papà esitò, ma poi siccome insistevo, mi diede un piccolo pennello e mi disse di iniziare a dipingere un pezzetto della parete inferiore.
Intinsi il pennello nel secchio della vernice, ma questo sbadatamente mi cadde dentro e nel toglierlo, tutta la mano mi si sporcò di colore e tante macchie si sparsero intorno a me.
Altra sgridata del papà; scese di corsa dalla scala e, forse perché arrabbiato anche lui, inciampò nel secchio e molta vernice si versò sul pavimento, per fortuna era stato ricoperto di cellophane.
Mi venne da ridere perché non solo io avevo combinato disastri.
A questo punto però papà mi disse di andare a giocare e continuò da solo il suo lavoro.
GIORGIO SANTINI 2^F