//10 + 1 DOMANDE AD ENRICO MENTANA

10 + 1 DOMANDE AD ENRICO MENTANA

di | 2019-03-07T15:37:34+01:00 7-3-2019 15:37|Alboscuole|0 Commenti
Si pensa sempre che siano i giovani che devono imparare dagli adulti e invece quando cambia la società, dopotutto, quasi tutti noi del ‘900, dobbiamo imparare tante cose dell’era digitale”. Queste sono state alcune parole dette da Enrico Mentana durante l’intervista gentilmente concessami a fine novembre per il nostro giornalino. Enrico Mentana, un giornalista professionista dal 1982. Classe 1955, comincia la sua carriera quando ancora frequenta il Liceo Classico. Entra in RAI presso la redazione esteri del TG1 nel 1980 ed in breve diviene capo dei servizi, poi vicedirettore del TG2 e dalla fine agosto 2010, è direttore del nuovo TG di LA7 dove ha raggiunto livelli di ascolto altissimi. Se avesse la mia età in questa Italia come vedrebbe il suo futuro? “Immaginerei di dovermelo conquistare, non solo studiando ed arrivando alla fine degli studi, ma anche immaginando di dover lottare per affermare il diritto per la mia generazione, cioè di quelli che hanno la mia età, di avere un posto che non è garantito in questo momento ai giovani: quando dico un posto non intendo solo un posto di lavoro, ma anche un ruolo attivo nella società. I vostri fratelli maggiori, ma anche le generazioni immediatamente precedenti, sono state fatte studiare ed arrivare alla laurea, ad un dottorato o un master; gli è stato permesso, ma non è sempre stato così nella storia di Italia. Però poi molti di quelli che hanno studiato così tanto, non hanno trovato inserimento nella società e sono stati costretti o alla disoccupazione o a ruoli e lavori molto inferiori come specializzazione e gratificazione rispetto a quello a cui giustamente ambivano dopo tanti studi. Quin10 + 1 DOMANDE AD ENRICO MENTANA Il Carduccino 7 di bisogna cambiare la società, come si dice sempre in questi casi, bisogna sapere che chi ha il diritto al domani ha diritto anche ad un futuro”. Crede che farebbe comunque il giornalista? “Beh si, non esistono due vite. Io l’ho fatto e come tutti probabilmente in stato di necessità, tenterei di fare qualsiasi altra cosa. Ho sempre avuto rispetto per le persone che hanno trovato e cercato un lavoro anche quando quel lavoro era molto meno gratificante e anche per quelli che facendo il mio stesso lavoro hanno trovato in realtà spazi meno esaltanti in giornali minori o ruoli che non sono visibili. Capisco che il giornalismo venga considerato una cosa per cui uno diventa famoso, la sua faccia visibile o cose di questo genere, ma questo vale soltanto per una parte dei giornalisti”. Come ha visto cambiare il paese da quando ha cominciato a fare il giornalista? Come è maggiormente cambiato secondo lei? “Beh il Paese è cambiato tantissimo… Quando io ho cominciato a fare il giornalista, esattamente 39 anni fa, il mondo era completamente diverso: c’erano gli Stati Uniti, che ci sono ancora, ma c’era l’Unione Sovietica che gendarmi del mondo diciamo… C’era la contrapposizione tra chi voleva il comunismo e chi voleva la democrazia, e questo non c’è più… ci sono altre contrapposizioni. E soprattutto quando io avevo la tua età ci fu il referendum sul divorzio … Pensa quanto siamo distanti! Ancora era in discussione una cosa che poi ha cambiato totalmente le famiglie, il modo di essere. Pensa all’omosessualità che era mal tollerata e si era lontanissimi dal poterla ufficializzare. Oppure si pensi alle conquiste sul lavoro: quando io avevo la tua età si pensava che tutto sarebbe cambiato per il meglio e che sempre ci sarebbe stato un miglioramento. Tutti i nostri genitori erano consci del fatto che noi avremmo fatto una vita migliore della loro e più strada di loro… È cambiato tutto Segue a pag.8 Il Carduccino 8 perché noi non avevamo né gli smartphone né i telefonini… noi non potevamo concepire questa cosa. L’unica cosa che avevamo erano i cari vecchi telefoni in cui bisognava mettere il dito nel disco, formare ciascun numero del telefono della persona che intendevamo chiamare. Era un mondo completamente diverso. Adesso voi avete il mondo in tasca e ciascuno si illude di poter da solo saper tutto quello che succede ovunque o potersi informare senza tenere a memoria le cose, perché tanto ci sono altri tipi di memorie: il navigatore per le macchine, il calcolatore per le operazioni matematiche o l’agenda per i numeri di telefono nello smatphone. Solo per queste cose era un mondo completamente diverso”. Qual è il personaggio che ha intervistato con il quale si è emozionato di più? Io non sono molto emotivo, devo dire la verità… Ma ricordo che, l’intervista che per me è stata più toccante e molto difficile da fare, fu con la vedova del capo della scorta di Aldo Moro, che fu rapito dalle brigate rosse; furono uccisi tutti e cinque gli uomini della sua scorta. La vedova era una donna molto dignitosa, però portava con sé tutto il peso di una vicenda straziante, perché quegli uomini erano stati uccisi, ma per molte settimane, finché durò il sequestro di Moro, che si concluse a sua volta tragicamente, nessuno pensò a loro che erano morti subito. Quello a cui si pensava era salvare Moro e quindi la loro è stata una morte al servizio dello Stato, provocata da chi voleva distruggere le Istituzioni… E nessuno parlava di quei martiri”. Continua nel prossimo numero… Lucrezia Zampini 5B