iove. Una pioggia
fitta e costante.
L’automobile
dell’allenatore si affianca alla bicicletta del
proprio ciclista.
Fa un freddo cane, l’atleta su due ruote chiede un “boccettino”(ndr:
un integratore) e il direttore sportivo, guardandolo dal finestrino
dell’ammiraglia, lo incita, consigliandogli di alleggerire il “rapporto”.
“C’ho freddo”- dice il
ragazzo.
L’allenatore gli risponde :”Eh , lo so che c’hai
freddo, ma io non ci
posso fare niente! Non
possiamo mica fermarci
al bar ad ordinare un
thè caldo! Dai, forza!
Pedàla, non stare a
ruota!”.
Che ci voglia grinta,
che sia necessario metterci impegno, fatica e
sudore, lo capisci ogni
volta che esci in bicicletta.
Quando inizia una salita, i muscoli cominciano a “tirare”, il cuore
accelera i propri battiti,
il respiro si fa sempre
più corto, la bocca inizia a seccarsi… Serve
acqua: acqua da bere o
da versarsi in testa!
In pieno inverno, poi, la
faccenda diventa ancora più difficile: per
quanto tu esca col vestiario giusto, in discesa (nonostante i guanti) le mani ti si congelano e anche il naso e le
orecchie iniziano a far
male… Poi c’è sempre
il camion che ti supera
agli ottanta all’ora (e lo
spostamento d’aria
quasi ti fa cadere); c’è
sempre la macchina
che non ti dà la precedenza; c’è spesso il
“vento contro” che ti
affatica le gambe; ci
sono, infine, gomitate,
calci, insulti degli avversari.
Eppure continui a pedalare: in fondo, va bene così! Ti piace così.
Ti piace questo sport e
non puoi farne a meno,
e la bicicletta (questo
attrezzo di alluminio e
carbonio) risponde fedelmente a quello che
hai da dargli: movimento, fiato, gambe,
ma anche tenacia e coraggio.
Solo così riesci a scalare le montagne e a toccarne la vetta, osservando con orgoglio e
soddisfazione la valle
che ti sei lasciato alle
spalle e che, ora, sta
sotto di te.
Noi ciclisti siamo così, e
tutto “questo” ci fa
sentire davvero vivi.
Iris Grassi