Rebecca De Maria II C – Un fruscio. Una scintilla. La vita che comincia e che scorre. È acqua, fuoco e terra, è tempo che scivola tra le mani… Vita e Morte sono ancora lì, da qualche parte in questo mondo, che litigano. Da lontano sono figure eteree, quasi illusioni. Sono un uomo e una donna? A tratti sembrano due uomini. No, no! Sono due bellissime donne. Eppure sembrano due fanciulli negli anni più belli dell’infanzia… ed ecco che cambiano, mutano e diventano due adolescenti ribelli e irruenti. Vita e morte sono sempre stati così, indefiniti, evanescenti e al tempo stesso sempre presenti, concreti e influenti. Vita e Morte sono lì che litigano per l’ennesimo caso, l’ennesima esistenza, e si amano ancora, come si sono sempre amati. Vita e morte non possono esistere l’una senza l’altra, e così passano il loro tempo infinito a litigare, poiché Amore è sempre stato questo. Vita e Morte non ricordano quanto tempo hanno passato a litigare. Semplicemente un giorno, all’inizio dei tempi, si sono accorte che c’erano, e che non potevano non esserci più. Si sono amate fin da quel momento. Vita e Morte sono ancora qui, da qualche parte in questo mondo, e stanno litigando. Il mondo è cambiato, i loro amati uomini sono cambiati, e loro litigano ancora. Si sono chiamati “uomini” da soli, gli Uomini. Vita e Morte sono al di sopra dei linguaggi di “quelli lì sotto”, non conoscono lingua alcuna al di fuori della loro, ma sono contente della loro prole, dei loro progressi. “Si sono chiamati uomini e ora sono diventati mostri”, dice Morte. “Non essere così disfattista! È un pensiero cupo, non mi piace. È un periodo tetro, passerà!”, ribatte Vita, sorvolando quella che gli uomini chiamano Africa. È, come sempre, il paese che più ha bisogno di loro: Vita e Morte sono indaffarate a far nascere e far morire, creare e distruggere, in uno spicchio di terra impazzito dal dolore. “Non lo senti anche tu?”, chiede Morte, disgustata. “È l’odore della paura, è l’odore della disperazione”, aggiunge. Morte non ha mai amato il suo lavoro. Morte sa di essere la paura, sa di essere la disperazione, ed è per questo che ama Vita: Vita è gioia e felicità, Vita è tutto il contrario di lei. Vita, d’altro canto, sorride come sempre. “Lo sento”, risponde, ma c’è anche un lieve odore di rivalsa. Non è vendetta, è speranza! C’è ancora speranza!”, urla. A chi, a cosa urla, forse al cielo? Forse a chi c’era prima di loro due? Impossibile capirlo. Vita è molto misteriosa, a volte, più di Morte. Risalgono l’Africa tenendosi per mano, librandosi nel cielo insieme a qualche aereo che, rumoroso, le sorpassa senza vederle. Vita ride e Morte la segue a ruota, senza capire bene il senso di quella risata così disarmante. Vita ride da tanto, troppo tempo per ricordarselo, e Morte ama quel suono ogni istante sempre di più, quasi a ricordargli che Vita c’è, c’è sempre stata e sempre ci sarà. Quelli lì sotto dicono che la vita non esiste senza la morte, ma Morte sa che non è vero. È Morte a non esistere senza Vita. Arrivano nel Regno Unito senza neanche accorgersene, superando l’intera Europa in un battito d’ali di farfalla. Non smettono di ridere, finché non sentono quel dolore familiare pervadere il loro corpo etereo, un dolore umano e primordiale, terribile e sbagliato, errato, disgustoso. Ci sono abituate, ormai, eppure non lo riusciranno mai ad accettare. Morte circonda in un abbraccio Vita, che, piangendo per l’ennesima volta, si rannicchia e si rimpicciolisce dentro le braccia della sua compagna. Vita si è sempre incolpata per quella piaga, per quella catastrofe, e si odia e odia e odia. Anche Morte si odia, stringendo Vita ancora di più, cercando di sopportare quel dolore impossibile da domare. Fa male, fa male! E continua a fare male per secoli e millenni. Forse non ha mai smesso di fare male, pensa Morte, forse a loro non è stato mai concesso altro. Forse sono colpevoli di tutti i mali della Terra e per questo gli Uomini le detestano, le maledicono, le odiano. Le odiano e Vita e Morte si odiano, mentre il dolore delle vite che svaniscono si fa ancora più intenso. Più importante. Gli Uomini si fanno guerra ogni giorno e muoiono, e Vita questo non lo accetta. Ma è nella natura di quelli lì sotto distruggersi a vicenda, e Vita e Morte possono solo guardare dall’alto. Ma poi gli Uomini si suicidano, e il dolore è troppo immenso da sopportare. Morte non capisce come gli uomini possano bramare qualcosa di disgustoso come lei. Non lo capisce eppure lo capisce benissimo, perché Vita, la stessa Vita che sta abbracciando fino a toglierle il fiato, può essere ingiusta, indifferente, capricciosa, insopportabilmente odiosa. Morte sa di essere sofferenza e dolore e la fine di tutto, ma proprio per questo sa anche di essere l’equità, la parità che quelli lì sotto anelano all’infinito, una “livella”, come ha detto uno degli Uomini. … Vita è sempre stata più crudele di Morte, e sempre inconsapevole di questa sua qualità, ha sempre continuato a non capire la sua vera essenza, ferendosi da sola. Morte è il balsamo per quelle cicatrici che, alla fin fine, riuscirebbero a rimarginarsi anche da sole: Vita è così, crudele, inconsapevole e fortissima, e non c’è alcun modo che Morte non possa ammirarla. Amarla. Odiarla … Il dolore va e viene, non è sempre presente benché sia una costante inalienabile nell’esistenza di Vita e Morte. Così come un minuto prima si stavano abbracciando, ora si distanziano l’una dall’altra, come se ci fosse un qualche tipo di segreto, tra loro, un imbarazzo pesante e palpabile, senza senso. Cosa si nascondono? Per cosa provano vergogna, di cosa hanno paura? Non lo comprendono neanche loro. Non lo comprenderanno mai, e il loro “mai” è un insieme di sempre collegati tra loro da altri silenzi, che però a Morte non dispiacciono. Vita è suono e Morte è silenzio, ma, in alcuni casi, il silenzio diventa musica e il suono diventa terrore, come i canti guerreschi. Le urla notturne. I pianti irrefrenabili. Quei rumori hanno accompagnato, accompagneranno e accompagnano l’esistenza e l’imbarazzo di Vita e Morte, senza che nessuno dei due possa comprendere il perché. “Perché?”, si chiede Vita, riavvicinandosi lentamente a Morte. È un rituale, eterno, magnifico, importante, ma non per questo banale. Avvicinarsi piano piano alla propria metà, senza fretta e con riguardo, amando però senza riguardi. “Perché?”, si chiede Morte, andando incontro a Vita. Alcune volte non comprende l’imbarazzo ma non comprende neanche l’Amore che prova verso l’esistenza sua opposta. Ma, come sempre, capisce che non c’è bisogno della comprensione. C’è il silenzio, dopotutto… E stanno così. Complete. Ancora per molto.