di Giulia Rosato 1^ C – Pochi giorni fa ho visto un filmato trasmesso durante il TG1 che documentava il reale stato dei mari italiani con il pesante degrado in cui essi si trovano. Mi sono fatta una domanda: come mai ancora nessuno cerca di intervenire per trovare una soluzione?
L’intervento è doveroso perché non si tratta soltanto di modificare la produzione industriale ma di cercare di garantire la sopravvivenza dell’ambiente per consegnarlo alle future generazioni.
Mi sono documentata e cerco di scrivere quest’articolo con la speranza che possa essere di riferimento per stimolare le coscienze di chi ci governa per un immediato intervento.
Il mare italiano di questi tempi purtroppo assomiglia sempre di più ad una discarica a cielo aperto.
Ogni anno l’associazione ecologica Legambiente mediante la piccola nave ‘Goletta Verde’, svolge indagini nei nostri mari circumnavigando le coste ed effettua dei controlli sul loro stato reale con la raccolta di vari campioni per verificarne l’inquinamento.
Gli ultimi risultati del 2018 hanno hanno registrato che anche sulla foce del fiume Po, in quanto attraversa il nord Italia, raccoglie un sacco di rifiuti e li riversa nel Mar Adriatico.
Anche una recente indagine del WWF ha evidenziato che il Mar Mediterraneo viene classificato come la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo.
Bisogna dire che i vari mari che compongono il Mar Mediterraneo anche se sono soltanto l’1% delle acque mondiali purtroppo registrano una concentrazione del 7% della micro-plastica mondiale.
Da dove deriva tutto questo inquinamento?
La risposta va ricercata nella produzione industriale in quanto ogni anno in Italia vengono utilizzati solo per gli imballaggi circa 2,1 milioni di tonnellate di plastica dei quali soltanto il 22% viene riciclato.
Un altro settore è quello dell’acqua minerale dove vengono utilizzate ogni giorno 32 milioni di bottiglie.
Bisognerebbe sensibilizzare tutti ponendo la giusta attenzione e limitare il consumo dei contenitori di plastica facendo maggiormente capire che la maggior parte delle plastiche non si biodegrada mai e che quelle che si trovano disperse in mare ci resterà per centinaia o migliaia di anni.
La conseguenza è che sia gli effetti negativi sia i danni che ne derivano coinvolgono molte specie marine che ignare ingeriscono plastica accidentalmente oppure viene scambiata per del cibo oppure si nutrono di prede che a loro volta avevano mangiato plastica.
Come osservazione vista la grave situazione è estremamente necessario dire che bisogna trovare al più presto una soluzione per ridurre l’ inquinamento dei nostri mari e preservarne le forme di vita animali e vegetali.
Una soluzione potrebbe essere quella di produrre nuovi contenitori con materiali di derivazione vegetale che possono così essere biodegradabili in pochi giorni evitando l’inquinamento della flora e della fauna e ripristinare l’eco-sistema.
In attesa di questo nel frattempo bisognerebbe essere disposti a cambiare le nostre abitudini incominciando prima di tutto a ridurre il consumo di prodotti che contengono plastica e poi anche ad optare per il riutilizzo come il vuoto a rendere con il vetro e riciclare così, mediante la raccolta differenziata, a recuperare il materiale in questione.
C’è da dire inoltre, che il problema non è stato evidenziato soltanto pochi giorni fa ma anche nel recente passato non sono nuove le immagini sui giornali e in TV di varie persone volontarie o iscritti alle associazioni ecologiche che si impegnano a ripulire continuamente le nostre bellissime spiagge, raccogliendo innumerevoli sacchi di rifiuti plastici.
Una volta raccolto tutto questo materiale spesso viene ripulito e ridotto in piccole palline pronte ad assume nuova “vita“ venendo riutilizzato per qualsiasi tipo di industria o attività.
I vantaggi che ne conseguono sono rilevanti: la catena alimentare diventa più sicura, meno plastica significa ridurre le emissioni di anidride carbonica e quindi meno sua immissione nell’atmosfera
Mi sentirei di lanciare un appello: essere tutti uniti per promuovere molte iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità del problema che investe non solo la salute di tutti noi ma soprattutto di quella ambientale che minaccia le generazioni del futuro per indurre una soluzione di chi dovrebbe intervenire.