DI: Elisabetta Mereu 1D
L’11 febbraio è stata la giornata internazionale delle donne e delle ragazze della scienza.
L’ONU l’ha istituita nel 2015 per spingere gli stati a combattere la differenza fra maschi e femmine nell’accesso agli studi e alle carriere scientifiche. Oggi la probabilità che una ragazza si laurei in materie scientifiche è circa il 18% contro il 37% dei maschi; inoltre meno del 30% delle persone impiegate nella ricerca scientifica sono donne e quelle che riescono sono sotto pagate e fanno meno carriera.
Questa differenza è dovuta principalmente a pregiudizi e stereotipi per cui le ragazze sarebbero meno portate dei maschi per le materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica): lo pensa ancora quasi la metà dei genitori italiani. In realtà non c’è niente di più falso, perché le donne in queste materie ottengono spesso risultati migliori all’università.
Un tema sottolineato da tutti è l’importanza di far conoscere le storie delle scienziate coraggiose che, con il loro esempio hanno fatto la storia, come Marie Curie, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack e tante altre.
Tra tutte io vorrei raccontare la storia di Susan Joselyn Bell Burnell.
Nel 1967, quando era solo una ricercatrice all’università di Cambridge, fece una delle scoperte più importanti della fisica del XX secolo: un tipo di stella di neutroni, la radio pulsar (si tratta del residuo estremamente denso di una stella esplosa che emette onde radio). Il suo supervisore pensava che fosse solo un’interferenza, ma lei continuò le sue analisi con tenacia per dimostrare la sua teoria.
Nel 1968 la sua scoperta fu pubblicata; l’Accademia Svedese delle Scienze, però, nel 1974 conferisce il Nobel al suo supervisore, prof Antony Hewish. In quel periodo lei aveva appena avuto un figlio e cercava di conciliare gli impegni familiari con quelli di ricerca. Come dichiarò lei stessa “aveva provato sulla sua pelle che gli uomini vincono i premi e le giovani donne badano ai bambini”.
Nonostante tutto Susan non si è mai arresa, ha continuato le sue ricerche in altri settori dell’astrofisica, e dopo quella triste esperienza, ha vinto molti altri premi. In particolare, nel 2007 è stata nominata “dame” dell’ordine dell’impero britannico dalla Regina Elisabetta II e nel 2018 si è aggiudicata lo Speciale Breakthrough prize 2018 per la Fisica Fondamentale, il più ricco riconoscimento per la ricerca scientifica ( circa 3 milioni di euro); è stata premiata per i meriti scientifici ma anche per essersi incessantemente battuta, in questi decenni, contro le discriminazioni in ambito accademico che per prima aveva subito: la stessa causa per quale ha deciso di investire il denaro ricevuto.
La storia di Susan può essere un esempio e un incoraggiamento per tutte le ragazze: non siamo solo principesse…possiamo fare le scienziate!