DI: Davide Rinaldi
Da qualche settimana i pastori sardi sono in rivolta perché il latte che producono viene pagato a circa 60 centesimi di euro, prezzo che non copre nemmeno i costi di produzione.
Negli ultimi giorni ai pastori si sono uniti nella protesta tantissimi studenti e giovani lavoratori, e tutta la popolazione dell’Ogliastra e del Nuorese che sfilando per le vie hanno bloccato strade e autostrade facendo sentire il grido di protesta:
“Studenti complici e solidali con i pastori in lotta” e “pastore no t’arrendas” (pastori non vi arrendete) sono le frasi di solidarietà.
Certo non sono mancati anche episodi inquietanti e violenti: tre uomini incappucciati hanno obbligato il titolare di un caseificio a buttare nella strada 700 litri di latte.
Ma perché questa protesta?
Il latte sardo viene usato per produrre, non solo i formaggi locali, ma anche il pecorino romano. Qualche anno fa questo formaggio era così amato da essere venduto all’estero anche a €8 al Kg. Oggi, invece, il suo consumo si è ridotto e le industrie richiedono sempre meno latte. Il mercato richiede 280000 quintali a fronte di una produzione di 340000; pertanto circa 60000 quintali sono in eccesso.
La soluzione c’è ma non è solo una: le associazioni dei pastori e la Coldiretti chiedono di concordare un prezzo di minimo 75 centesimi per garantire la sopravvivenza degli allevamenti. Il vicepremier Salvini si è detto favorevole all’ipotesi di fissare un calmiere per legge mentre la Regione chiede lo stanziamento di 25 milioni per il fondo ovicaprino a sostegno della domanda; lo scorso anno ne erano già stati stanziati 45 milioni. Salvatore Palitta, presidente di uno dei consorzi dei caseifici, sostiene: «il prezzo non può essere deciso a tavolino senza tenere conto del mercato». La soluzione alternativa? Rivedere il piano di regolazione dell’offerta, in pratica un «taglio» alla produzione di latte che consenta al prezzo di risalire. Il premier Conte ha annunciato una riunione per sbrogliare questo ennesimo problema italiano che si terrà giorno 21 febbraio.
Nel frattempo continuano le proteste e le cascate di latte sulle strade si stanno sversando anche in Sicilia dove, qualche settimana fa, sono stati buttati, nei pressi dell’Outlet Sicilia Village, oltre 2000 litri di latte. Un membro dell’Unione allevatori Sicilia dichiara che stanno protestando perché questa è anche la loro battaglia ed è inconcepibile che il prezzo del latte sia inferiore a quello di una bottiglietta d’acqua.
Credo che la voce di questi produttori debba essere maggiormente ascoltata dai politici affinché questa categoria, come qualsiasi altra che produce o coltiva prodotti italiani sia più tutelata.