//RECENSIONE LIBRO “SOLITUDINI MEMORIE DI ASSENZE”

RECENSIONE LIBRO “SOLITUDINI MEMORIE DI ASSENZE”

di | 2019-02-23T09:58:05+01:00 21-2-2019 11:04|Alboscuole|0 Commenti
Chiara Bisecco I A – Nel 1997 la casa editrice “Feltrinelli” ha pubblicato “Solitudini. Memorie di assenze”, un libro dello psichiatra, sociologo, educatore, saggista ed opinionista italiano, Paolo Crepet, nato a Torino nel 1951. Crepet ha uno stile unico, grazie al quale riesce ad entrare nel cuore del lettore e far ragionare lo stesso su profondi questioni di vario genere. In occasione della Notte Nazionale Del Liceo Classico, che si è tenuta l’11 Gennaio 2019, Crepet è venuto a far visita alla nostra scuola e ha tenuto un dibattito con noi studenti. Per questo evento abbiamo letto diversi tra i suoi libri, e quello che mi ha personalmente colpito di più è stato, come ho detto prima, “Solitudini. Memorie di assenze”. Il tema fondamentale è, come si evince dal titolo, la solitudine, che attraversa silenziosa storie comuni di adolescenti, uomini e donne, persone di ogni età e con ogni genere di carattere,  che hanno smesso di dialogare tra loro, diventando scettiche e non credendo più che il parlare con la persona “causa del loro dolore” possa aiutarli a superarlo, e quindi si limitano a descrivere allo psichiatra gli effetti provocati dalla sofferenza. Ed infatti è proprio così. Quest’affermazione riassume perfettamente sia il modo in cui Crepet riesce a creare empatia fra il lettore e i protagonisti del libro sia le storie raccontate più di quanto potrebbe farlo una trama, ma…non vi svelo più nulla! Dedicatevi anche voi alla lettura di questo libro, riuscirete ad allargare la vostra mente verso nuovi orizzonti che, nella vita di tutti i giorni, ci appaiono irraggiungibili o addirittura sconosciuti. Anche in questo libro lo stile di Crepet riesce a far immedesimare il lettore nel protagonista delle varie storie raccontate. Se c’è una frase che mi ha colpita maggiormente, è quella riportata sul retro della copertina: ”Queste storie non consentono consolazione, né pretendono di insegnare. Richiedono complicità.”