di Alessio Capone –
Secondo il pensiero di Aldo Moro, ogni uomo indipendentemente dalla gravità del reato commesso non merita l’ergastolo o pena di morte, perché la pena deve rispettare la dignità dell’uomo.
Io non condivido questo modo di pensare sia sotto il profilo politico sia sotto quello sociale.
Se un pluriomicida, femminicida, terrorista viene liberato dopo la condanna, c’è probabilmente, anzi quasi sicuramente il rischio che possa ripetere gli atti commessi, nonostante abbia trascorso venti o trent’anni a marcire in prigione.
La comunità guarderà, infatti, l’ex detenuto sempre come un criminale, tenderà a isolarlo, nonostante i tentativi di reinserimento sociale, e lo farà tornare facilmente a ripetere il delitto.
Questo è d’altra parte il nostro istinto, un atteggiamento umano: i pregiudizi ci avvertono di un eventuale rischio che non dovremmo correre.
Ed è in virtù di quell’istinto che ci viene da pensare che qualunque individuo abbia compiuto crimini gravissimi, diversi omicidi, stragi o altri reati, meriti la pena di morte o l’ergastolo, anche per comprendere la sofferenza che ha causato.
Sentimento di vendetta che si manifesta soprattutto verso le persone squilibrate, sadiche che uccidono solo per il gusto di farlo.
Personalmente credo che solo attraverso metodologie punitive dure si potrebbe avere una riduzione della criminalità nella nostra nazione, anche perché questo comporterebbe un maggiore timore nel compiere eventuali reati.
Sono consapevole che a livello umano questo non sia un pensiero che tuteli i diritti dell’uomo come persona, però la criminalità spinge ad avere idee radicali, che si pensa potrebbero sortire l’effetto di farci vivere in un mondo più sicuro.